
L’arte di vendere il proprio corpo: The Girlfriend Experience di Steven Soderbergh
November 20, 2018Steven Soderbergh, dal 1989 a questa parte, ha intrapreso un percorso cinematografico anomalo, spesso in bilico tra puro divertissement hollywoodiano e ricerca sperimentale underground, per non parlare poi del grandissimo lavoro svolto nella serialità televisiva, regalandoci un prodotto come The Knick. Tutto si va ad incasellare in una produzione ricchissima che tiene conto di una trentina di film (scrive, dirige e produce, e spesso monta e fotografa i suoi film con lo pseudonimo di Peter Andrews); alcuni sono successi assicurati al botteghino, altri di critica, altri invece inevitabili flop, ma una cosa rimane lampante e rassicurante nel cinema di Soderbergh: la costante e coerente ricerca che si dipana lungo tutto i suoi film, a volte più o meno riusciti, che ne ha fatto uno dei registi contemporanei più interessanti in circolazione, capace di riflettere in modo autentico e anarchico sul cinema e sulla società americana. Dopo che ci regalato l’ultimo notevole Unsane e dopo essersi lasciato alle spalle la corposa lavorazione delle due stagioni di The Knick, torniamo al 2009, anno in cui Steven Soderbergh si cimentò in una operazione anomala, curiosa e poco conosciuta, quella di The Girlfriend Experience.
Dal budget di poco più di 1 milione di dollari (ne incassò solo 600mila), The Girlfriend Experience è uno meno noti di Soderbergh. Vi recita Sasha Grey, l’ex pornostar, ed è stata tratta una fortunata serie tv omonima, sempre prodotta dal regista.
Sasha Grey è Chelsea, una escort di Manhattan che offre un servizio di lusso ai clienti, e cerca di migliorare la sua immagine sul “mercato” costruendo un sito online e scrivendo un libro sui suoi incontri. Ha un ragazzo, Chris, un personal trainer di una palestra, che accetta la sua professione e la ama, finché un incontro non farà crollare le convinzioni della coppia.
La sceneggiatura è apparentemente semplice, ma serve al regista per incorniciare il suo film in un vortice di ellissi temporali che si muovono liberamente. Soderbergh costruisce un mosaico di “brevi interviste con uomini schifosi”, altri meno, tutti preoccupati per la crisi che colpirà da lì a poco gli Stati Uniti (il film è ambientato durante la campagna presidenziale tra Obama e McCain). Il regista sposta Chelsea da un luogo all’altro, da un appartamento all’altro, da un ristorante di lusso qualsiasi ad una qualsiasi boutique; Chelsea è un corpo costantemente in circolo in un labirinto di vetrine, lustrini, luci asettiche, tavoli apparecchiati e divani di uomini in crisi, disperati per soldi ma che possono permettersi di spenderne per una serata con Chelsea, che sia una sveltita sotto le lenzuola, un film al cinema o una semplice chiacchierata sul divano. Un sottocutaneo disagio pervade tutto il film, nella sua esile durata (77 minuti) che comunque sembra coprire un arco temporale più grande, motivo per cui l’eccessiva verbosità e non linearità rendono il film molto più denso di quello che potrebbe apparire a prima vista.
Soderbergh ritrae una donna che cerca un proprio riscatto sociale ed economico in un mondo in bilico, fragile e preda delle sue stesse ossessioni, feticci e merci. Un ritratto, quello di Chelsea/Sasha Grey, che diventa una fotografia di un’epoca di incertezze, solitudini e disillusioni come quella americana post crisi del 2008. Un film che per molti versi ricorda Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, e l’analogia tra l’Italia del boom e l’America di Obama può offrire chiavi di lettura non banali. Parlare del 2009 come di un’epoca lontana fa sorridere, ma The Girlfriend Experience è interessante come spartiacque nella rappresentazione della donna (o dell’uomo, del resto anche il fidanzato di Chelsea cerca un riscatto lavorativo), dato sarà una questione di anni quando scoppierà il boom dei social network, quali Facebook e Instagram, strumenti potentissimi di marketing che hanno lanciato una rivoluzione (?) nell’immaginario collettivo ed individuale, l’esplosione di star del web, di fashion blogger o blogger venuti dal nulla, se non attraverso finestre del computer.
Sasha Grey si colloca lì, nel confine labile tra merce e pornografia, della quale Soderbergh riprende l’estetica fatta di immagini statiche, scarne e fredde, altre volte deliranti, sfocate o sovraesposte in un campo e controcampo che rompe le distanze continuamente, da un luogo all’altro con un semplice stacco di montaggio, audio o video, in cui una intervista può diventare un disperato monologo con se stessi senza accorgersene. Si riappropria di un’estetica per svuotarla completamente e ribaltarne il senso, un’operazione molto simile a quella che farà Harmony Korine con Spring Breakers nel 2012. Un cinema apatico verso se stesso e la sua stessa società, di relazioni mancate e illusioni amorose, di corpi apparenti e soli, ai quali non resta che un abbraccio finale, impaurito e consolatorio.
Dopo l’ambizioso progetto in due parti di Che e prima di ritornare sul set di grandi produzioni con The Informant!, dello stesso anno, bisogna collocare The Girlfriend Experience come un film profondamente sperimentale e marginale, sfida autoriale e registica (girato in solo sedici giorni) che prende più le parti di un film saggio, forse non proprio compiuto, un po’ ridondante, verboso e vago, ma di indubbio fascino autodescrittivo e autoreferenziale. Prendere o lasciare, un tassello da non tralasciare per capire buona parte del cinema più recente di Soderbergh, uno dei più acuti osservatori della contemporaneità.
- Perché Salò di Pasolini è ancora un’esperienza destabilizzante - May 4, 2021
- America del silenzio e della distanza nel cinema di Kelly Reichardt - February 25, 2021
- C’era una volta… il Macbeth di Polanski - December 17, 2019