
TFF36: Dovlatov, un uomo solo nella Russia di Breznev
November 27, 2018Leningrado, novembre 1971. Sei giorni nella vita di Sergej Dovlatov, prolifico scrittore realmente esistito che cerca di non perdere la propria integrità sotto un governo pronto a schiacciare ogni forma di pensiero alternativo al regime. Le ore scorrono lente. Il cappotto nero, la sciarpa, la camminata pesante in una Russia gelida, ammantata dalla neve. L’ideologia comunista la respiri nell’aria tersa.
Quello del protagonista è un continuo pellegrinare per la città, senza pace e senza trovare mai un approdo. Un’anima inquieta. In tanti lo conoscono e sono interessati a parlare con lui. Su cosa vertono le chiacchierate? Su tutto. Gogol’, Gesù Cristo, Kafka, Tolstoj. Faulkner, Steinbeck, Hemingway e l’America in generale, dove Dovlatov si recherà qualche anno e dove morirà nel 1990 per un problema cardiaco. Si discute anche di musica (Mozart, i Pink Floyd, ma lungo tutto il film si sente solo qualche sassofono suonare), di filosofia (Sofocle, Montesquieu, …), del trasgressivo Lolita di Vladimir Nabokov o dello scandaloso Moulin Rouge a Parigi.
Dovlatov intervista lavoratori in fabbrica e operai che trascorrono la loro vita sottoterra per costruire un tunnel, vede arrestare i suoi amici e colleghi senza poter o voler fare qualcosa per impedirlo, fuma sigarette al freddo, fa da padre come riesce, frequenta atelier d’artisti e, al riparo di grosse insegne, si ritrova con gente sui tetti, sempre cercando di non rimanere impigliato nelle reti cospirative e di non soffocare nel velo steso da Breznev (e da chi prima di lui, come raccontato con toni completamente diversi in The Death of Stalin durante la 35ma edizione del Torino Film Festival). Dovlatov sopravvive, sostanzialmente questo è quello che fa. Sopravvive in previsione di un futuro migliore, lontano da lì. La storia informa che riuscirà ad andarsene, ma forse non a essere più felice.
Gli artisti non hanno avuto vita facile dietro la cortina comunista e hanno subito decenni di privazioni. In Polonia e vent’anni prima ai fatti narrati in Dovlatov, anche la vicenda di Wladyslaw Strzeminski nell’opera testamentaria di Andrzej Wajda (Afterimage) è quella di un uomo in lotta per la sua libertà. La differenza principale sta nella modalità con cui Sergei Dovlatov combatte: evitando i colpi e cercando di confondersi quanto più riesce nei vari ambienti. Quando Strzeminski viene colpito, risponde rialzandosi in piedi (per quanto possibile dal momento che è privo di due arti). Invece, nel momento in cui Dovlatov anche solo avverte di potersi inimicare qualcuno, si allontana e si mimetizza altrove, documentando eventi e collezionando avvenimenti. Alla lunga, chi avrà fatto meglio? In concorso alla 68ma Berlinale, Dovlatov del regista russo Aleksej German Jr. è uno dei titoli di punta del TFF36. Imperdibile. Uscirà nelle sale italiane nel 2019.
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