
Santiago, Italia di Nanni Moretti: un’irrinunciabile presa di posizione
December 19, 2018I giorni passano e ripensando al Santiago, Italia di Nanni Moretti è proprio quel “Io non sono imparziale” a riecheggiare nella memoria, a prendere spazio nella coscienza. Quattro semplici parole dette al torturatore Eduardo Iturriaga, il quale in carcere s’identifica sfacciatamente come vittima, eppure equivalgono a un’irrinunciabile presa di posizione. Una presa di posizione che travalica gli anni, i governi, i confini geografici e che impone a chi se ne fa scudo di crearsi un pensiero autonomo, non condizionabile.
A partire da una vicenda italo-cilena dimenticata dai più (perché non è solo scarsamente ricordata la bellissima storia di un’ambasciata accogliente e salvatrice, ma in generale gli anni di Pinochet li rammentano veramente solo quelli che li hanno vissuti), Moretti raccoglie tutta una serie di aneddoti in prima persona fino a comporre un quadro costituito da una moltitudine di voci distinte. In sé, sarebbe già più che sufficiente un’operazione di questo tipo (la preservazione di testimonianze che altrimenti sarebbero andate perdute o, se non altro, smarrite in frammenti singoli), ma c’è un’ulteriore e semplice considerazione da fare: i racconti dei sopravvissuti, perché di questo si tratta, devono indirettamente servire da monito per il presente.
È chiaro che il mondo non se la stia passando bene ed è altrettanto intuibile che ciò è dovuto a noi in quanto esseri umani. Il pericolo maggiormente sentito da chi s’informa e ha gli occhi aperti è quello legato a un’inedita forma di totalitarismo globale che, in primis, azzeri il pensiero individuale a favore di quello collettivo. Quel che rimane, a visione terminata, di Santiago, Italia non è così diverso dal messaggio che veicola En Guerre: è ora di opporsi, di resistere a tutto ciò che di sbagliato ci stanno facendo passare per giusto.
Cambiano le epoche, cambiano le battaglie, ma la gente continua ad avere bisogno di piccole cose per essere felice. In un contesto come quello della dittatura di Pinochet, luoghi di aggregazione come uno stadio si tramutano da teatri di festa a posti di prigionia e sevizie. Nel momento stesso in cui la violenza sugli inermi viene fatta passare per strumento necessario per far rispettare la legge, ecco che solo l’humanitas può essere il valore da riconquistare.
Se c’è, tra molte, una lezione da imparare da Santiago, Italia è proprio questa. Per far sì che il Bel paese di oggi non si avvicini al Cile post-11 settembre 1973. Per far sì che l’insicurezza non si trasformi in paura indotta dall’alto. Per fare in modo che l’attuale momento storico sia una parentesi destinata a chiudersi nel -si spera- minor tempo possibile e che invece non sia l’inizio di un nuovo oscurantismo di cui i segnali sono ormai fin troppo evidenti. Cos’è rimasto di ancora recuperabile?
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