
Wildlife, dalle pagine di Richard Ford al film di Paul Dano
March 12, 2019Vincitore dell’ultima edizione del Torino Film Festival, Wildlife segna il debutto dietro alla macchina da presa dell’attore Paul Dano. Il neo-regista ha scelto di trasporre su grande schermo il celebre romanzo omonimo di Richard Ford (la versione italiana è Incendi, edizioni Feltrinelli) in un lavoro a quattro mani (dall’adattamento della sceneggiatura alla produzione) con la compagna Zoe Kazan (attrice in Meek’s Cutoff, Ruby Sparks, Olive Kitteridge, La ballata di Buster Scruggs e nipote di Elia Kazan).
Wildlife è la cronaca di una separazione familiare dal punto di vista del figlio quattordicenne Joe (Ed Oxenbould), coincidente con l’io narrante del romanzo. Siamo nell’estate degli anni ’60 e la famiglia Brinson si sta ambientando (dopo l’ennesimo trasferimento) nella cittadina di Great Falls, nel Montana. Le vicende ritraggono una tipica famiglia della middle-class americana, in cui la routine domestica sembra, soprattutto agli occhi dell’adolescente, destinata a durare per sempre. Il licenziamento (per ingiusta causa) del padre Jerry (Jake Gyllenhaal: Nocturnal Animals, Stronger, Demolition, Enemy) presso il circolo di golf, getta l’uomo in una profonda crisi, dalla quale neanche il supporto della moglie Jeanette (Carey Mulligan: Inside Llewyn Davis, Shame, Drive, Il grande Gatsby) riesce a risollevarlo. La famiglia, abituata da sempre a ri-iniziare da zero, si trova in una situazione d’impasse che spinge madre e figlio a contribuire economicamente (lei diventa istruttrice di nuoto, lui trova un lavoretto presso un fotografo) mentre Jerry, bloccato e con l’orgoglio ferito, vede scemare il proprio ruolo di pater familias. L’input gli viene dato dal notiziario televisivo che con l’ultimo “bollettino di guerra” aggiorna i cittadini riguardo l’incendio scoppiato nelle ultime settimane nei boschi circostanti: Jerry vuole rendersi utile e decide di “arruolarsi” per andare a domare le fiamme. La moglie, preoccupata, non riesce a impedirgli di partire e lo incolpa di abbandonare la famiglia in un posto desolato.
La brutalità della natura sovverte il microcosmo dei Brinson: la stessa forza cieca della minaccia esterna coincide con quella nascosta all’interno delle quattro mura domestiche. Come il padre in una telefonata confessa l’impotenza dei volontari che stanno a guardare mentre brucia tutto, la stessa immobilità colpisce il figlio che subisce il nuovo ordine instaurato dalla madre. Le opportunità che Jeanette vuole cogliere dalla nuova situazione, generano un cortocircuito in cui le regole precedenti vengono capovolte o annullate: la metamorfosi della donna è un tentativo illusorio di dare un senso alla propria esistenza. Alla fotografia nitida ed essenziale (di Diego Garcia), che ricorda i dipinti di Edward Hopper per l’effetto di iper-realismo e straniamento, si contrappone la foschia che sfuoca i confini, appannando lo sguardo (e la capacità di giudizio) nei personaggi. La palette cromatica vira dalle tinte sature del crepuscolo incendiato (che Jerry osserva propagarsi al di là del suo giardino) a de-saturazioni repentine, come se l’utilizzo di colori freddi configurasse la distanza tra i protagonisti. La versione per il grande schermo di Wildlife, pur mantenendosi fedele al romanzo, attua alcune modifiche alla sceneggiatura: dalla non menzionata responsabilità attribuita agli indiani per incendio doloso, all’aggiunta del personaggio di Ruth-Ann (Zoe Margaret Colletti) una compagna di scuola di Joe che lo aiuta a integrarsi nella cittadina (nel libro non si relaziona al di fuori della cerchia familiare), passando per le varie età dei componenti Brinson.
Nonostante il passaggio dai 17 anni su carta ai 14 del film, il giovane protagonista è più responsabile e maturo rispetto ai genitori, ma la sua capacità di giudizio non riesce ad aggiustare ciò che si è rotto tra i due coniugi. Joe è vulnerabile e in transizione, tutto gli appare amplificato ma rimane in uno stato passivo: in molte scene la macchina da presa si sofferma sul primo piano del ragazzo (da quando assiste al licenziamento del padre a quando la madre è con un altro uomo) facendolo un personaggio che guarda e giudica, spesso ai limiti del voyeurismo (nelle situazioni legate alla privacy e sessualità della madre con l’amante). “Fui sopraffatto da una sensazione che ho poi imparato a riconoscere come la sensazione che precede una catastrofe, quando ti pare di vedere le cose attraverso un binocolo rovesciato, lontanissime anche se sono proprio davanti a te, solo che tu sei paralizzato e impotente” (Incendi di Richard Ford, Ed. Feltrinelli, p. 130).
Joe ha difficoltà a capire che tutto il suo mondo (plasmato dalle piccole certezze quotidiane) sia sparito in una manciata di giorni: il suo disorientamento nasce nel vedere i propri genitori come degli estranei (in un cafè chiede alla madre quanti anni abbia). L’afasia lo domina, impedendogli di mettere in relazione il significato delle parole con ciò che sta succedendo. La sua sospensione tra sogno e realtà viene interrotta dalla fuga: scappa quando la madre lo porta a vedere l’incendio, quando la sorprende con il nuovo compagno e quando suo padre si vendica del rivale. Alle menzogne della madre (non la trova al lavoro alla concessionaria), Joe contrappone la difesa della verità: infatti si troverà nelle condizioni di non poter mentire alle domande del padre. I primi fiocchi di neve che il ragazzo vede scendere, rompono l’attesa: ma il segnale di una tregua non è quello del tanto sperato ritorno all’ordine. “La vita selvaggia”, a cui il titolo fa riferimento, è nell’irrazionalità dei coniugi Brinson: il loro istinto di sopravvivenza esplode all’improvviso, come il focolaio covato sotto la cenere che sta distruggendo i boschi intorno. La “natura” di Jerry (che vuole farsi giustizia da sè con il fuoco) viene domata dalla “civiltà” del rivale (che sceglie di non denunciarlo).
“L’incendio era in realtà tanti piccoli fuochi che di tanto in tanto scoppiavano tutti insieme e distruggevano tutto”. In Wildlife, ognuno sopravvive come può, cercando di adattarsi alle nuove coordinate: Jeanette, confida al figlio che all’inizio è normale sentirsi disorientati, come gli animali del bosco sorpresi dall’incendio. Durante la “gita” improvvisata, per andare a vedere le fiamme da vicino, la donna illustra il mondo fuori in cui c’è chi si lascia bruciare (come gli alberi combustibile) e coloro che resistono (i morti in piedi). Dalla panoramica interna all’auto, madre e figlio sono protetti dai roghi lontani ma non dall’odore di bruciato che filtra dalle fessure e si imprime sulla pelle. Il rumore del verde che brucia diventa assordante e culmina nella carrellata all’indietro che salendo mostra ciò che Joe stava guardando dal limitare del bosco. Jeanette non si dà per vinta e volendo cogliere sempre maggiori opportunità inizia a frequentare Warren Miller (Bill Camp: Vice – l’uomo nell’ombra, Loving, Hostiles, ): un uomo di mezza età, zoppo (per una ferita di guerra) e separato dalla moglie. Come rivela al figlio, Jeanette non ne è innamorata ma ha intuito che Warren è capace di far succedere le cose: rimane affascinata dal ruolo di potere da lui ricoperto (è proprietario di una concessionaria) e soprattutto dalla sicurezza economica (che promette di estendere anche ai coniugi Brinson, trovando lavoro ad entrambi). Warren è l’emblema dell’american dream, del self-made man che partito dal nulla è riuscito a farsi una posizione: Jeanette auspica lo stesso avvenire per il figlio.
L’attrice Carey Mulligan interpreta magistralmente il dramma di una donna che sa di doversi adattare ma non ci riesce: l’incendio diventa l’alibi atteso per imprimere un cambio di rotta alla propria esistenza e per scacciare il timore di rimanere in un limbo. Nell’amante vede colui che possa far accadere qualcosa, mostrando tutto sotto una luce diversa: in diverse scene la vediamo strofinarsi gli occhi, come se si fosse appena svegliata. La volontà della protagonista di essere un’altra (a Joe confessa che il proprio nome non le è mai piaciuto e che ne voleva uno diverso) si esprime con la facilità di indossare un’identità a seconda del momento (dal costume da marinaio con il marito, a quello da ragazza-rodeo con il figlio, passando per il “vestito della disperazione” con Warren): travestimenti capaci di attirare l’attenzione ma non di colmare la solitudine. La sequenza della cena da Warren, in cui madre e figlio sono invitati, è assurda: il disagio di Joe tra bicchieri vuoti e balli zoppi continua nell’attesa di riportare a casa la madre ubriaca e termina nella fuga (dopo aver scoperto i due amanti attraverso la finestra).
Nonostante la divergenza tra Jerry e Warren, entrambi gli uomini fanno di Joe il referente della propria filosofia di vita: il primo (nel romanzo) la paragona al golf “è così che si gioca (…) come se sapessi quel che stai facendo istante per istante. Bisogna sgombrare la mente da tutto. Non bisogna pensare a niente. Allora qualsiasi cosa si colpisca finisce in buca. È solo quando si hanno in mente un sacco di cose che non si arriva. Non c’è niente di misterioso” (Ivi, p.108); il secondo (nel film) racconta durante la cena, di quando sull’aeroplano personale ha spento il motore per ascoltare le anatre intorno, ma di aver avuto paura ricordandosi delle responsabilità lasciate sulla terraferma. Joe, con la stessa lucidità e distanza, osserva i cambiamenti avvenuti nella sua vita e sebbene in tono minore, la prosegue assieme al padre. Il regista Paul Dano dà, nel finale del suo Wildlife, una chiave di lettura più ottimista rispetto al romanzo di Richard Ford: il protagonista di questo lineare Bildungsroman può finalmente iniziare un nuovo capitolo, non prima di aver immortalato lo spectrum della ritrovata (quanto effimera) ri-unione familiare in una foto-ritratto.
“Mi domando se i miei genitori hanno mai visto il mondo come lo vedo io in questo momento. Siamo sempre alla ricerca di assoluti senza mai trovarli. Abbiamo una gran voglia di autenticità, ma la maggior parte delle volte non lo siamo neanche noi, autentici. L’amore, almeno, mi pare una cosa che dura” (Ivi, p. 162).
- Lettera da una sconosciuta: Max Ophuls e il mito di Vienna - March 15, 2023
- Rebecca di Hitchcock, fonte di ambiguità - February 9, 2023
- La Valle dell’Eden: dalle pagine di Steinbeck al Cinemascope di Kazan - January 11, 2023