
Le Iene, il potere del cult movie
July 9, 2019In qualche modo, quando il Patrick Bateman di Christian Bale chiedeva all’alticcio Jared Leto, prossimo a fare un brutta fine, se avesse mai ascoltato gli Huey Lewis and The News non si poteva correre con la mente a qualche anno prima, nel 1992, quando Madsen con lama da barba in mano e curvo verso la radio, si apprestava ad una goffa seppur ipnotica danza prima di recidere l’orecchio del poliziotto legato sulla sedia davanti a lui.
In quel caso la richiesta alla povera vittima recitava in modo diverso: “Tu ascolti mai Super Sounds degli anni ’70 di Key Billy?”.
Diavolo, eccome se lo abbiamo ascoltato e non possiamo collocare questa iconica frase non troppo lontano ad un altrettanto Ezechiele 25:17.
Ciò che riuscì a creare Tarantino con Le Iene (Reservoir Dogs in originale, venuto inizialmente come Cani da Rapina in Italia per poi mantenere questo sottotitolo nella seconda venuta come Le Iene – Cani da Rapina) altro non è stato che un incredibile banchetto pronto per essere fagocitato da ogni qual simile persona che si cibava di cinema di tutti i generi.
Del decantato amore del cinema italiano, Le Iene è quello che trasuda frame dopo frame conferme visive di questa dichiarazione, nel modo in cui ci sono gli inseguimenti in interno tra i rapinatori, la fuga chiusa in quei sedili sporchi di sangue e di domande e autisti che si prendono pistolettate in tragici epiloghi casuali.
La prima grande rivoluzione in termini narrativi, Tarantino la mette in atto nella gestione del tempo. Con un misero budget di poco più di un milione di dollari, il parco attori messo assieme farebbe gola ad ogni giovane cineasta, anche se nessuno di questi mai si azzarderebbe di proporre un film così dilatato e spezzato nel tempo, che potrebbe facilmente allontanare ogni tipo di pubblico.
Eppure si parte subito con un’inquadratura ampia, corale, con tutti i protagonisti attorno ad un tavolo a rendere omaggio al Dio della parola con discorsi articolati, verbosi, mai banali, riuscendo a trovare nella flebile quotidianità di un discorso banale, quale il significato della canzone Like a Vergin, momento da vero e proprio cult movie. C’è da chiedersi se quel giovane Tarantino si fosse già reso conto di cosa aveva tra le mani, un racconto e una forma ibrida, comunque fortemente concreta, che avrebbe trovato la sua smussatura al gusto di Capolavoro con Pulp Fiction.
Questo, come sempre, non è dato sapere, ma la realtà è davanti a noi, quella singola scena corale, attorno al tavolo a litigare per lasciare la mancia alla cameriera è Cinema, rimane scritto con pennarello indelebile e conferma quanto fatto dal regista per tutte le sue opere successive.
Tarantino ancor prima di essere un regista e andare al cinema è uno che ama il cinema, conosce a menadito il genere e si fagocita di pellicole di tutti i generi e produzioni, riuscendo sempre a coniugare la richiesta di un b-movie con una raffinatezza da film d’autore che solo chi elegge Thor Ragnarok come miglior film del 2017, può permettersi di portare su schermo.
Quindi da ciò che ci si poteva aspettare come un film fortemente hard boiled, tra omaggi al cinema poliziesco italiano anni ’70 o il duro cinema action orientale, Tarantino prende un magazzino abbandonato, ci mette dentro dei rapinatori e un colpo finito male. Taglia tutto allo spettatore, niente organizzazione nei dettagli, oltre i nomi personali, e niente azione diretta del colpo, così da giustificare la fuga solitaria di Mr. Pink con i diamanti sottobraccio.
Tutto si riduce alla parola. E al tempo. Due elementi che il giovane Tarantino amalgama con un risultato imprevedibile, perché per ogni tipo di occhio navigato al genere, Le Iene rimarrà oggi e per sempre un film sfuggevole a ogni tipo di catalogazione, per trovare un proprio senso e legittimazione nelle iconiche scene su cui è stato costruito, tutto questo usando solo due elementi: tempo e parola.
Facciamo anche che social e strumenti quali YouTube hanno in qualche modo inavvertitamente consacrato – in caso qualcuno potesse avere ancora qualche dubbio – il film allo status simbol di cult movie: si fa una veloce ricerca su YouTube e troviamo gli spezzoni, quelli che ripetiamo a memoria, quelli che ci fanno illuminare occhi e neuroni al solo sentire una frase lontanamente simile detta da uno delle Iene.
E tra questi, come dimenticale il Mr. White di Kietel, vero criminale di altri tempi, innamorato di qualcosa fermo nel proprio passato che si è plasmato al suo copro come forma di ideale inamovibile quanto anacronistica.
Le Iene non è forse il film meglio invecchiato di Tarantino, bensì quel tipo di film che riesce inavvertitamente a tessere un invisibile filo rosso del destino con tutti i successivi film del regista, una sorta di Bibbia intrisa di mitologia e ironia della sorte, proprio con The Hateful Eight, film che più si avvicina al concetto di “summa”, sposta nuovamente eroi, traditori e disperati dentro quattro mura a puntarsi contro una pistola e sembra che Tarantino non si sia mai mosso da un concept del genere, esplorato e sviscerato in tante altrettante storie, ma il suo cuore è rimasto lì, tra un balletto di Madsen e una pistolettata di Buscemi.
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