Il Cinema Ritrovato 2020: Appunti sparsi su Melville, le dernier samouraï

Il Cinema Ritrovato 2020: Appunti sparsi su Melville, le dernier samouraï

August 31, 2020 0 By Simone Tarditi

Una produzione ARTE presentata sugli schermi reali e virtuali del trentaquattresimo Cinema Ritrovato, per questa edizione anche parzialmente in streaming. Il regista Cyril Leuthy (già montatore di Becoming Cary Grant, un must per i cinefili interessati alla psiche dei loro beniamini) ritorna all’agiografia di una star, alla biografia di un divo: Melville, le dernier samouraï, un concentrato di cinquanta minuti sul più importante Jean-Pierre della cinematografia francese se si parla di registi, il “papà” precursore della Nouvelle Vague che però non ha voluto riconoscere i suoi figli.

Dalla nascita alla morte, il documentario ripercorre le fasi salienti della vita di Melville, dai primi filmini girati a sei anni con una piccola cinepresa Pathé fino all’infarto che, poco più che cinquantenne, l’ha portato al Creatore. In mezzo c’è la guerra e la Resistenza, il cognome cambiato, il benessere economico, l’amore per l’America (quella finta di Hollywood, non quella vera), i successi, le amicizie (nate, finite), i fallimenti personali e professionali, gli scontri con i colleghi e le nottate trascorse tra solitudine e night-club. Ma soprattutto in Melville, le dernier samouraï c’è il sottolineare un elemento dell’uomo mortale: il voler costruire un monumento a se stesso attraverso le sue opere.

L’edificazione del proprio Mito impone in primis il calarsi in una parte, una maschera, un personaggio: un semi-recluso, misantropo, con vestiti tutti uguali così da sembrare sempre identico. Melville sembra un character di un suo stesso film, eppure è lui medesimo, calato nella vita vera. (Auto)celebrato e conscio del suo valore, egli è un lupo solitario che vuole vivere al di fuori di un sistema in cui però pretende di lavorare. Inevitabilmente ciò suscita inimicizie esterne perché l’industria del cinema non vuole geni ai margini, bensì individui-ingranaggi da inserire dentro la macchina produttiva. Qual è la risposta di Melville? Creare uno studio tutto suo, investendoci ogni singolo soldo. Un luogo dove lavorare, vivere, realizzare lungometraggi e vedere i film americani del cuore in qualsiasi momento della giornata, meglio se la notte. Questa bolla ci mette un bel po’ prima di scoppiare.

Melville, le dernier samouraï è il documentario perfetto per conoscere il cineasta se, tolti i capolavori da lui realizzati, non ne si conosce il vissuto. Tuttavia, una mezz’ora in più di durata non avrebbe guastato perché su alcuni episodi della sua esistenza, nonché su certe pellicole, si corre un po’ troppo, ma è probabilmente il format tv ARTE ad aver determinato ciò.

Melville Le dernier samourai recensione

Simone Tarditi