La decima vittima di Elio Petri: un fumettone sparatutto

La decima vittima di Elio Petri: un fumettone sparatutto

December 12, 2020 0 By Simone Tarditi

“Per adesso sistemate il coccodrillo nel gazebo”

Prima inquadratura. Colpi di pistola, un uomo asiatico in giacca bianca, cravatta e pantaloni neri, spara in direzione di una donna dai vestiti pezzati (un vello di mucca le copre metà corpo), la quale gli tira addosso frammenti di calce, cemento, cercando di fuggire. Attorno a loro le macerie di un grosso e vecchio edificio fatiscente. Colonne di finto marmo. La scritta BETHLEHEM su un pilone d’acciaio arrugginito. L’azione prosegue tra le strade di New York e dentro il Masoch Club. È la grande caccia: anche la violenza ha bisogno delle sue regole. La si può chiamare arte venatoria. Ricchi premi e onorificenze ai “decaton”, cioè coloro che riusciranno a non perdere la vita togliendola invece a dieci esseri umani. È lecito uccidere, ludico morire, ma tutto dev’essere regolare. Chi assassina diventa celebrità. Uno sport mondiale. Più avanti nel film, un Salvo Randone semibionico, con uncino prensile, denti in titanio e reggi mascella, emblematizza il mood generale con un interrogativo posto a Marcello Mastroianni: “So che morirai, ma l’importante è come si muore: da coniglio o da samurai?

Kitsch al punto giusto (un gusto estetico che Diabolik levati) e di un divertimento sagace, La decima vittima vale oggi forse più che nel 1965. Di sicuro c’è che allora era avanti coi tempi. E lo era anche Petri con la sua denuncia sociale, verso i costumi, gli usi, il baratro dell’arte provocato da un mondo massmediale dove la pubblicità non solo è tutto, ma è ovunque. Il regista scarnifica le certezze degli italiani privandoli della loro identità nazionale, ormai miraggio di un passato illustre, ormai condizionata dalla dominanza estera, ormai condannata a svanire come quella di una civiltà antica. Elio Petri ierifica il presente rendendolo atemporale. Il film parla di un mai, di un sempre, di un d’ora in avanti. Anche il fulcro della vita subisce questo trattamento: il sesso viene de-eroticizzato. Ed è così che la bomba sexy Ursula Andress o la più snella Elsa Martinelli, succinte e mezze-svestite per quasi tutto il film, allo spettatore e al protagonista (Marcello nei panni di Marcello, in tutti i sensi) provocano poco o nulla.

La decima vittima è il chiaro esempio di una sceneggiatura passata per troppe mani e troppe menti brillanti, ma a differenza di altri casi il risultato finale è di quelli notevoli. Cadaveri che galleggiano sul Tevere, cultisti del tramonto, greggi sulla spiaggia, robotici bambini, meccanici animali domestici, macchinazioni femminili, ideologie patriarcali imbevute di misoginia, bikini e stivali esplosivi, residui nazisti, ippodromi ottocenteschi, iniezioni nelle chiappe, musicisti jazz bagnati dal sole, i gorgheggi surrealisti di Mina … bisogna pensare a una qualsiasi cosa assolutamente folle, La decima vittima la mostrerà.

La decima vittima recensione film Elio Petri

 

Simone Tarditi