
Sfogo anti-Covid. Perché la sfuriata di Tom Cruise è la cosa più vera di questo 2020
December 18, 2020Anni fa girava voce che sul set nessuno al di fuori del regista e dei co-protagonisti potesse guardare in faccia Tom Cruise. Ciò sarebbe stato stabilito da un contratto firmato, quindi una clausola fondamentale per l’assunzione o meno. Forse soltanto un rumour, ma a giudicare dall’audio trapelato pochi giorni fa parrebbe non essere così infondato. La voce della star hollywoodiana, un tono sopra alla collera e uno sotto a quella che indicherebbe un’esplosione termonucleare, ci dice molto sul possibile atteggiamento di rigidezza che vige durante le riprese dei suoi film.
La registrazione in cui l’attore del settimo Mission Impossible, nonché co-produttore (suoi molti dei soldi, sue le regole), sbraita e minaccia i suoi dipendenti per non aver ottemperato alle regole anti-contagio passerà alla storia, perlomeno del cinema, di questo infausto, miserabile, deprimente anno. Essa testimonia il punto di rottura tra quella bellissima baracconata che è l’industria dello spettacolo, luogo virtuale dove la realtà viene ricreata a favor di cineprese per intrattenere degli spettatori seduti davanti allo schermo, e la vita al di fuori. Nei suoi numerosi Mission Impossible -per infastidire il lettore, vale la pena metterli in classifica di qualità essendo blockbuster di altissimo livello: 1, 6, 5, 3, 2, 4- l’alter ego di Cruise sfida la morte dall’inizio alla fine per portare a termine incarichi rischiosi. Solo lui può farcela. Solo Cruise, a dirla tutta. E ce la fa sempre. Quale più e quale meno, sono comunque tra le migliori pellicole di quel genere a venir ancora realizzate. Venticinque anni ormai dal primo film della saga, se si continua a fare dei Mission Impossible memorabili è tutto merito del duo Cruise-McQuarrie e dall’equipe di esperti che si portano dietro. Sono produzioni complicate e tra le più costose e un giorno, quando non verranno più messe in moto, le rimpiangeremo.
Insomma, nei film è tutto finto, dalle esplosioni ai gas asfissianti, dalle pallottole alle capsule di cianuro, ma non nel micromondo che è un set cinematografico, formato in miniatura delle comunità che popolano il pianeta. Da dieci mesi l’agente più pericoloso è un patogeno e si chiama Covid-19, in assenza ancora di un vaccino l’unico modo sicuro per combatterlo è prevenirlo con l’uso della mascherina. Non si tratta di uno spot sovvenzionato dal governo, ma della verità. Stare per molte ore in un luogo chiuso come uno studio può avere effetti devastanti se non viene rispettato il protocollo di distanziamento sociale e di protezione delle vie aeree. È logico, ma l’essere umano sa non esserlo. Quel che Cruise ha comunicato alla sua squadra, cioè alle persone che lavorano e vivono al suo fianco per mesi affinché un film sia girato, è sacrosanto. Ridotto a paventare dei licenziamenti pur di infondere paura nel suo team, non ha fatto niente di male. Anzi, ha operato nell’unica maniera in questo caso veramente persuasiva: attraverso il terrore. L’aspettativa dei soldi fa più effetto di quella della salute, evidentemente.
Attaccare pertanto Cruise, accusarlo di essersi comportato scorrettamente è da folli. La star ha fatto bene, fine della storia. Non ha nemmeno esagerato. Andrebbe spiegato a chi, simil-negazionisticamente, replica tutti i giorni il comportamento dei suoi collaboratori, non prevenendo il contagio e contribuendo alla sua diffusione. Altro che cinema.
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