No Sudden Move: Soderbergh sodo come un uovo

No Sudden Move: Soderbergh sodo come un uovo

July 7, 2021 0 By Simone Tarditi

Steven Soderbergh è uno di quei pochi registi hollywoodiani che palesemente sfrutta l’industria cinematografica per fare quello che gli pare. Gode della stima delle star, che fanno a gara per essere in un suo film (fateci caso: ha lavorato pressoché con chiunque), e gode anche della simpatia dei produttori che a fronte di budget modesti (leggasi: meno rischi di avere tra le mani un flop in termini di spettatori) possono contare di un professionista puntuale, preciso e metodico come il regista di Atlanta. Nel suo campo da gioco, uno specialista unico solo a se stesso.

Logan Lucky ci aveva regalato un’immagine anticipatoria di No Sudden Move, ultima fatica anch’essa heist-etizzante: il personaggio di Joe Bang, un galeotto esperto sull’uso degli esplosivi, che da un distributore automatico del parlatorio si fa comprare una confezione di uova sode da chi è andato a trovarlo. Un dettaglio non da nulla, alla luce di poi. Sì, perché se Logan Lucky contiene qualche germe del cinema noir classico e non l’aspetto esteriore, un titolo come No Sudden Move è un hard-boiled vecchio stampo, autentico concentrato di influenze pregresse.

Plot arrovellato che può essere sintetizzato quanto segue: un paio di criminali, Curt (Don Cheadle, ancora intrappolato nel ruolo di Miles Davis) e Ronald (Benicio del Toro), pianificano un sequestro di persona per risalire a un documento top secret di cui vuole impossessarsi il loro committente. Andrà tutto storto e dovranno lottare dall’inizio alla fine per mettere le mani su un gruzzoletto e salvare la propria vita. Lo schema degli eventi vede un incatenamento di situazioni molto simili le une legate alle altre molto strettamente. Se salta un tassello, tutto crolla, come in Ore disperate, Il grande sonno o anche in un più lineare Rapina a mano armata. La tradizione è salva.

Soderbergh è bravo nel non inciampare nell’errore fatto con Intrigo a Berlino, spy story dal puzzo mummificato, una copia di pellicole à la Casablanca, e nell’utilizzare invece a modo suo le regole di un genere ferreo come quello del nero (e del giallo) americano. No Sudden Move parte in pompa magna con il logo vintage della Warner Bros. e dopo pochi secondi investe la percezione visiva dello spettatore con lenti grandangolari che deformano i lati delle immagini, specie quando c’è un movimento della cinepresa. Quello ottenuto è un effetto discutibile. Non è quindi forse una coincidenza che dopo la prima mezz’ora l’impiego di altri obiettivi si fa più predominante. Sul piano della fotografia -che quando si parla di Soderbergh è sempre un elemento su cui soffermarsi- il regista lavora molto su un colore mogano ambrato, scuro, ma ricco di dettagli.

In un procedere senza sosta tra sparatorie, scambi di denaro, ricatti, vendette, No Sudden Move allarga la sua narrazione anche a temi cari a Soderbergh, come gli abusi edilizi, le conseguenze dell’inquinamento climatico, lo scontro e la sinergia tra bianchi e afroamericani, argomenti evergreen e quanto mai, oggi, d’interesse. E se riesce ad essere attuale un film ambientato nella Detroit del 1957, può esserlo tutto.

Simone Tarditi