Un uomo a nudo. Il nuotatore, dal racconto allo schermo

Un uomo a nudo. Il nuotatore, dal racconto allo schermo

October 8, 2021 0 By Mariangela Martelli

<<Era una di quelle domeniche di mezza estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: “Ho bevuto troppo ieri sera” >>. John Cheever, Il nuotatore tratto da I racconti, Ed. Feltrinelli, Milano 2014, p. 718

Si apre così il racconto Il nuotatore (The Swimmer) di John Cheever, pubblicato nel 1964 su The New Yorker e trasposto su grande schermo quattro anni dopo, da Frank Perry. L’adattamento della celebre short story, a opera della moglie del regista, Eleanor Perry, mantiene una certa fedeltà alle 12 pagine originali, pur amplificandone alcuni episodi, aggiungendo o eliminando dei personaggi. La narrazione segue l’impresa del protagonista, Ned Merrill (Burt Lancaster) deciso a ritornare a casa a nuoto, dalla moglie e dalle figlie. L’uomo, unendo le piscine della contea nel Connecticut tra loro, immagina una possibile via fluviale, a cui dà il nome della moglie, Lucinda. Il primo tuffo del nuotatore avviene in una delle ville dove si è svolto un cocktail party la sera precedente, ma il percorso non prosegue fluido come Ned vorrebbe: a ogni tappa è intrattenuto da conoscenti che, non vedendolo da secoli, lo fermano per averne notizie. Ned, a differenza loro, non mostra i postumi del rituale sociale da poco concluso ma non rifiuta il bicchiere di gin ghiacciato che gli viene offerto. I modi cortesi e i soliti convenevoli sono la facciata perfetta tra la medio-alta borghesia che popola i sobborghi. Ned si vede ancora come l’uomo di successo di un tempo: un impresario teatrale con un’amorevole famiglia e gli amici, trovandolo in forma, credono abbia superato il brutto periodo. Ma poco alla volta sono quelle frasi a metà, i bisbigli o una battuta di troppo a incrinare le certezze del protagonista e a far riemergere un passato recente che non ricorda.

Il blackout di Ned inizia a sfumare e a lasciar affiorare la bancarotta, i problemi di alcool, la rottura con la moglie e le figlie, l’esaurimento. All’inizio, la sfida di Ned incarna lo spirito di avventura e la volontà di superare i limiti fisici. Definendosi <<un uomo del destino>> (nelle pagine ricorrono i paragoni con i pellegrini e gli avventurieri) egli sente che << la sua vita non era condizionata >> (p.719). Il protagonista durante l’impresa è libero, in unione con la natura circostante attraversata in velocità. Le corse in mezzo agli alberi e le bracciate in acqua esaltano la forza e la virilità del nuotatore (ricordiamo che nonostante Lancaster fosse uno sportivo, ha preso lezioni di nuoto per interpretare il ruolo). Il protagonista rimane catturato in un flusso che gli fa perdere la cognizione del tempo: non sa dire con esattezza l’ora di quella domenica pomeriggio di metà estate. Paradossalmente, in mezzo a tanta vaghezza e alla memoria offuscata, il percorso a ritroso verso la strada di casa è l’unica cosa che Ned ricordi. Il protagonista ha incorporato la “mappa” da tracciare lungo un tempo limite, in precario equilibrio sulla soglia dell’autunno: basta una folata di vento freddo ad annunciare la fine della bella stagione. Allo stesso modo della giornata, improvvisamente anche l’umore di Ned vira verso la malinconia: l’uomo adesso è scosso da brividi e appare fragile, esposto al pericolo.

Il capovolgimento della rappresentazione del protagonista in una figura patetica (nel racconto descritto quando si trova fermo, in costume da bagno, sul ciglio della strada statale da attraversare) arriva, nel film, con la caduta di Ned a seguito di un salto all’ostacolo. La stonatura è sottolineata visivamente dall’andatura claudicante che ne deriva e che il protagonista si trascina fino alla fine della pellicola. L’interruzione del ritmo genera frustrazione nel personaggio, che di lì a poco si ritrova bloccato davanti a un limite fisico, invalicabile: una piscina vuota. È qui che incontra il figlio dei proprietari, unico superstite in una casa messa in vendita. Il bambino offre a Ned una limonata per poi mettersi a suonare un flauto, in bilico sulla buca prosciugata. Questo personaggio incontrato è stato aggiunto, nella pellicola, al pari della ragazza, ex-babysitter delle figlie di Ned. La giovane, a differenza delle altre persone, non giudica folle l’impresa dell’uomo, anzi, vedendola come un’avventura, ne rimane affascinata e decide di accompagnarlo per un tratto. Ned continua il percorso da solo, deciso a portarlo a termine, sebbene il peso dei ricordi inizi a farsi sentire. Con l’avanzare del viaggio, Ned vede le cose per come sono, soprattutto dopo l’incontro con l’anziana coppia di ricchi nudisti e con altre persone incontrate all’ingresso della piscina comunale. Se nelle pagine di Cheever, è in questo luogo pubblico che Ned ha la sensazione di essere contaminato dalla puzza di cloro e dall’acqua opaca, nel film il pdv si ribalta: è il nuotatore a essere visto come “impuro” e deve dimostrare al controllore di aver eliminato ogni traccia di fango e polvere dalla pelle. Pulito, Ned si tuffa, zigzagando tra le famiglie con bambini a mollo.

Un’altra situazione affollata, a cui gli è difficile sottrarsi, è quella della festa in piscina, dove compare anche un cameo dello scrittore. Il protagonista, dopo aver subìto un’umiliazione, necessita una tregua. Stanco, infreddolito e con il bisogno di bere, decide di concedersi una pausa alla prossima villa, abitata dalla sua ex-amante, Shirley Abbott (Janice Rule). La donna, un’attrice con cui Ned ha intrecciato una breve relazione finita male, è ancora ferita e rifiuta le avances dell’uomo. Ma è lei l’unica persona a vederlo tremare dal freddo e a mostrarsi preoccupata. Le pagine finali del racconto descrivono come Ned ne esca distrutto da questo confronto, tant’è che per la prima volta nella sua vita adulta, piange. La consapevolezza dell’uomo, di aver intessuto nel corso del tempo una lunga serie di relazioni superficiali, arriva con il preannunciarsi del temporale. Sfiduciato, Ned giunge alla meta ma adesso tutta la sua grande avventura gli appare priva di senso. È buio e sta diluviando, nella casa di un tempo le voci e le risate delle figlie riecheggiano come fantasmi rimasti all’interno delle quattro mura abbandonate.

The swimmer, oggi considerato un cult della storia del cinema, ha invece ricevuto un’accoglienza poco calorosa all’uscita. L’aspra critica sociale ai valori del sogno americano in cui i personaggi si rinchiudono è vicinissimo a quello espresso in The Graduate (Il laureato) di Mike Nichols, pellicola uscita l’anno precedente (1967) e dove ritroviamo la piscina come sfondo ad alcune scene cruciali. La lavorazione di The Swimmer non è stata lineare: il regista Perry, dopo aver iniziato le riprese tra il luglio e il settembre del 1966, viene sostituito, dal produttore Sam Spiegel, con il regista Sydney Pollack. Quest’ultimo, avvalendosi dell’aiuto del direttore della fotografia Michael Nebbia, ha aggiunto delle scene bucoliche in apertura e come inserti (la corsa di Ned con il cavallo) che creano un’atmosfera sospesa e staccano con l’andatura del resto del film.

Gianluigi Toccafondo

Ricordiamo, infine, il forte parallelismo tra la storia e la sensibilità di Ned con le vicende biografiche dello stesso Cheever. Come lo scrittore confida nelle pagine del diario: <<Temporali, l’aria lustra; la luce sembra levigata, brillantata e, verso la fine della giornata, colpisce da un’angolatura nuova. Verso le quattro nuoto, ma la drammaticità di una piscina a settembre sembra aver perso la sua legittimità. La piscina è verissima ed è il punto cruciale, la verità del pomeriggio umido. Ci sono foglie nell’acqua in questi giorni. Sono l’ultimo nuotatore. Il vento fra le foglie è altamente vocale. La luce è pura e molto elegiaca. Mi piace nuotare in questo periodo dell’anno. L’acqua è sui diciotto gradi. Le pietre sono calde al sole e mi ci stendo sopra nudo. Felice, felice.>> John Cheever, Una specie di solitudine. I diari, edizioni Feltrinelli, Milano 2015, pp. 342-343.

Mariangela Martelli