Assassinio sul Nilo e il modernismo di Poirot

Assassinio sul Nilo e il modernismo di Poirot

February 9, 2022 0 By Gabriele Barducci

Il precedente Assassinio sull’Orient Express è stato un film che abbiamo ampiamente apprezzato, mentre gran parte del pubblico e della critica, ha disprezzato su più fronti, ma quello comune si costruiva e fortificava dietro la considerazione per cui Kenneth Branagh aveva in qualche modo stravolto l’idea classica di come il pubblico ha sempre conosciuto Hercule Poirot, cercando una vena di ammodernamento tipica delle riletture cinematografiche odierne.

Proprio per questi difetti, che potevano trasformarsi subito in connotati positivi, Branagh cade vittima in questo secondo film, quasi un tranello da lui ordito e ora ci mette il piede in bella vista.

Assassinio sul Nilo in questa ottica di analisi non è un brutto film e anzi, si realizza seguendo le metriche classiche e scolastica nella realizzazione di un giallo, tra omicidi, location esotiche e il classico gioco dell’indovina chi, mentre tutte le tessere del domino cadono minuto dopo minuto.

Branagh questa volta è fin troppo autoreferenziale, si crogiola e dedica al suo personaggio addirittura una parentesi del passato, una finestra aperta su avvenimenti che serviranno ad alimentare le metafore future presenti nel film.

Ma se di natura una metafora veicola un messaggio chiaro e limpido, Questa volta Branagh si prende interminabili tempi lunghi per infarcire e sottolineare i messaggi di tale metafora.

Questo rende il distacco dell’attenzione un evento fatale per la percezione del film. Ci si distrae facilmente mentre i protagonisti su schermo parlano e dicono la loro versione dei fatti. Sull’Orient Express il senso di claustrofobia era opprimente, qui sul Nilo invece tutto ha l’aria di un giro in battello sul fiume Egiziano e attendere solo la fine della giostra.

Assassino sul Nilo si rivela essere un film stranamente macchinoso, mostrando l’artificio della macchina Cinema più e più volte, con una recitazione dove si salvano pochi interpreti e lo stesso Branagh in qualche modo incastrato nel completo di Poirot, sicuramente molto più frizzante e capace di trasmettere qualche sfumatura in più nel precedente film.

In questa operazione si aggira la classica lode di un lavoro svolto al minimo sforzo richiesto ed è abbastanza incomprensibile vista l’attenzione maniacale che lo stesso Branagh ha verso le sue regie o interpretazione.

Va anche detto che la stessa storia di Assassinio sul Nilo è una delle più difficili da portare su schermo, senza il rischio di cadere giù da una rupe, proprio per via di alcune motivazioni che – anche nella fonte cartacea – risultano abbastanza puerili.

Insomma, considerando questo film come chiusura, è un consiglio spassionato dove difficilmente riuscirete ad appassionarvi a questo nuovo cast, che sembra tutto scollato e fuori parte, dal primo all’ultimo.

Gabriele Barducci