Il Cinema Ritrovato 2022: Appunti sparsi su The Face Behind the Mask

Il Cinema Ritrovato 2022: Appunti sparsi su The Face Behind the Mask

June 27, 2022 0 By Simone Tarditi

Trentaseiesima edizione per Il Cinema Ritrovato di Bologna e il primo giorno porta con sé il volto sfigurato di Peter Lorre in The Face Behind the Mask (Robert Florey, 1941). Calati ancora in un periodo durante il quale col Covid bisogna ancora fare i conti, in sala i volti di molti spettatori sono celati da mascherine e, che si tratti di scrupolo, paranoia, senso civico, sembra solo giusto sia ancora così. Parte di una retrospettiva dedicata all’interprete europeo trapiantato negli Stati Uniti a partire dagli anni Trenta, The Face Behind the Mask non potrebbe essere viatico migliore per familiarizzare con Lorre (qualora se ce ne fosse bisogno) e cominciare il festival quest’anno.

L’attore interpreta Janos Szabo, profugo di origini ungheresi (le stesse di Lorre) che sbarca a New York pieno di speranze per il suo futuro. In patria era un professionista quotato, negli USA va invece alla ricerca di un lavoro qualsiasi per poter far poi arrivare la fidanzata, sposarla, avere dei figli e via discorrendo lungo il classico repertorio su cui l’umanità s’incammina da secoli. Di Janos colpisce subito la sua fragilità, la gentilezza e il senso di gratitudine. Si meraviglia di fronte alla Statua della Libertà, simbolo di integrazione, si diverte a impratichire la sua conoscenza della lingua inglese, è felice di fare il lavapiatti. Proprio nell’hotel dove affitta una stanza a sei dollari la settimana trova questo impiego nelle cucine ed è sempre qui che è vittima di un incidente che assieme alla faccia gli rovina anche la vita. Sopravvive a un incendio, ma il suo destino è compromesso. A partire dal suo deturpamento si realizza uno dei passaggi più interessanti di The Face Behind the Mask, Janos (nomen omen: ossia Janus, Giano Bifronte …) lo si vede fare la spola da un luogo di lavoro all’altro senza che nessuno lo assuma per via del suo aspetto. Viene rifiutato anche per quei mestieri che presuppongono isolamento e nessun contatto col prossimo. Paradosso è che le mani funzionano perfettamente e così anche il resto del corpo, segno che quello subito da Janos è soltanto discriminazione. Sfortunato lui a non vivere in un’epoca inclusiva come gli anni Venti del secolo successivo al suo. Queste scene, che anticipano un quasi tentativo di suicidio, raccontano da vicino dell’alienazione vissuta da un uomo indesiderato, metafora di chi, come unica qualifica riconosciuta, è un esule in terra straniera, presupposto di un sentirsi “diviso in due”, a metà tra la patria di nascita e quella respingente. Uno stigma, un marchio impresso sulla pelle. Qualcosa di lontano dai presupposti stessi dell’american dream, nonché dell’immigrazione come inevitabile processo di cambiamento alimentato dalla fiducia nel progresso. Ed ecco la deviazione: Janos diventerà ladro per racimolare i soldi necessari per farsi fare una maschera temporanea che simuli il suo vero volto, quello prima di venir cancellato dal fuoco. The Face Behind the Mask prosegue poi su binari narrativi dove la criminalità si scontra con un codice etico interiore, tuttavia è nella descrizione di un mondo ipocrita e pieno di pregiudizi che svela la sua natura migliore. Una battuta sintetizza gran parte dell’intento complessivo del film: «Honesty don’t pay».

Simone Tarditi