Vomitando Carnage, o del perché parli di noi

Vomitando Carnage, o del perché parli di noi

August 8, 2022 0 By Simone Tarditi

Certi film sono come quei vecchi amici che a distanza di tempo ti fa piacere vedere invecchiati benissimo e osservarli, quando non addirittura migliorati, per lo meno rimasti nello stato in cui li si ricordava. Carnage di Roman Polanski, con la sua serrata ottantina di minuti e zero momenti morti, ha questo potere ed è un po’ come lo scotch whisky di Michael “L’ammazza-criceti”: migliora anno dopo anno.

Un gruppo di privilegiati bianchi newyorkesi chiusi all’interno di un appartamento a scannarsi l’uno con l’altro senza distinzioni di genere e senza andare da nessuna parte. Lo specchio dell’Occidente, in breve. Un ritratto realistico e credibile, privo di deformazioni, filtri, abbellimenti. In Carnage lo scalino di differenza nell’appartenere a una classe sociale piuttosto che a quella immediatamente superiore è la base sufficiente per far sì che due nuclei di adulti inizino a farsi guerra a vicenda. I medio-borghesi Longstreet contro i benestanti Cowan, anche se poi il ceto vale quello che vale dal momento che entrambe le famiglie sembrano passarsela comunque serenamente sul profilo economico. Lo stesso appartamento dove si svolge l’azione è il barometro della floridezza: ampi spazi, bei mobili, oggettistica varia, introvabili libri d’arte, una vista su Manhattan, un frigo pieno e cibo ovunque, sigari d’importazione. Tutto quello che non possono avere le popolazioni dell’Africa per cui Penelope versa lacrime che sanno dell’ipocrisia di chi mai rinuncerebbe al proprio status per aiutare concretamente il prossimo. Sì, forse proprio il personaggio di Penelope è quello che ne esce più a nudo di tutti, smascherato com’è nelle sue crociate moraleggianti e perbenismo da salotto. Lei, con le sue mail su carta intestata, i tulipani da venti dollari a mazzo provenienti direttamente dall’Olanda e una probabile irritazione da ciclo in una fase di pre-menopausa. Non che gli altri siano meglio. Il marito è l’emblema dell’uomo scadente e non per via della sua professione di venditore di ciotole e scarichi per il cesso. È un individuo da quattro soldi perché privo di gusto e di ambizioni, il classico tipo da domenica sul divano, tv accesa, partita di football, birretta e rutto libero. Suo role model è John Wayne, che, rispetto a lui, se non altro incarnava personaggi per nulla pigri. Di Michael il corrispettivo maschile è Alan, avvocato dell’élite che ha per clienti l’industria farmaceutica, le multinazionali, il Diavolo probabilmente. Spregevole e a-morale, Alan è tuttavia l’unico di loro a non far finta di essere differente da quello che è, presentandosi con un bagaglio di difetti tra la cui la cafonaggine, l’ingordigia, la ferocia, tutte caratteristiche tali da offuscare persino quella principale, cioè il cinismo. La moglie, Nancy, è forse il personaggio meno esplorato di Carnage e, benché ci venga presentata come broker, non ne ha la freddezza. Ciononostante, a lei si devono alcuni dei momenti chiavi per gli snodi della narrazione: l’atto di vomitare sul volume di Kokoschka e quello di gettare il cellulare di Alan nell’acqua. Che le interazioni dei quattro terminino con un nulla di fatto non stupisce: in quanto adulti sono ormai corrotti, non c’è speranza per loro. Invece al parco, dove i figli si erano infamati e feriti scatenando le reazioni dei rispettivi genitori, sembra essere tornato il sereno perché da giovani gli scontri non sono mai pretesti per sfogare altri tipi di malumore.

Carnage, che come opera cinematografica riesce ad avere anche più forza della pièce teatrale da cui è tratta, mantiene e manterrà intatte le sue proprietà negli anni. Viene difficile pensare che si deteriori e perda smalto perché possono cambiare le epoche, ma non il cuore di quella umanità che sa di vivere nel lato del mondo dove quasi ogni problema è risolvibile aprendo il portafoglio. Anche perché – e qui tocca essere onesti con se stessi – alla fine della giornata chi si può dire veramente diverso dai protagonisti di Carnage? Chi sarebbe disposto a rinunciare a un tenore di vita come quello? Chi, infine, vorrebbe immolarsi per una causa che riguarda il bene collettivo invece che salvaguardare, con le unghie e con i denti, quello individuale? A parole, molti. Nella realtà, quanti?

Simone Tarditi
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