
Maigret a passo lento
October 18, 2022 0 By Simone TarditiLa camminata affaticata – a tratti ai limiti del barcollante – insieme al fiatone, che nella narrazione del Maigret datato 2022 trova una causa nel tabagismo e non nell’obesità. La figura del commissario più famoso al mondo si distingue dai suoi antecedenti cinematografici e televisivi per le caratteristiche appena descritte. Non è quindi G. Depardieu che si dona al personaggio, piuttosto avviene l’inverso: l’essere simenoniano viene dilatato ed espanso fino a ricoprire totalmente, come un guanto ben infilato, l’attore francese. È un risultato memorabile che si spera venga percorso ancora.
Archiviato il buon impiego di un Depardieu calato in una parte che gli è (finalmente) congeniale, rimane comunque il film. L’adattamento è da uno dei romanzi più amati dai tifosi di Maigret, La giovane morta (in Italia edito da Adelphi, come la quasi totalità del catalogo di Georges Simenon), ma è altresì un compendio del flic: pipe a portata di labbro, calici colmi e tabarin, interrogatori informali, figli e figlie perdute, verità nascoste nei vicoli, donne compromesse, uomini lussuriosi, la bontà di pochi e la meschinità di molti, e così via. La sintesi non è un dono, bensì uno sforzo, specie quando si ha di fronte la vastità di un’opera che, presa nel complesso di oltre settanta titoli spalmati nell’arco di un quarantennio, descrive le sfaccettature di un protagonista che cambia nel tempo al passo con il suo autore. L’immaginario dell’universo di Maigret è raccolto per intero in questo lungometraggio di novanta minuti appena, un merito che va riconosciuto al regista Patrice Leconte (una trilogia è alle porte, si mormora nell’ambiente). Non serve essere degli esperti sul tema per capire quanto fedele sia l’approccio alla materia, basta aver letto anche solo qualcuno dei libri della serie.
Rimanendo nell’orizzonte del film, la storia ripercorre per immagini la struttura standard di uno dei libri snelli (quelle centoventi, centocinquanta pagine di media) che portano la firma di Simenon. Ogni scena ha l’andamento di un capitolo: Maigret si sposta da un lembo all’altro della città in cui è chiamato a risolvere un caso, raccoglie informazioni, porta con sé le prove, solitario segue piste, parla con chiunque possa fornirgli una dritta, fa deduzioni. È un peripatetico, in sostanza, perché solo camminando mette insieme i dati di cui dispone e arriva a darsi delle risposte. Ed è a passo lento, lentissimo, che lo fa. L’andatura del poliziotto, ossia di Depardieu, ha il ritmo del film stesso: calmo, solenne. Maigret è lontano dalla frenesia dei prodotti audiovisivi contemporanei, lo è volutamente. Un respiro, un afflato in mezzo a tanto caos. Si spiega il motivo di tanta dimostrazione di apprezzamento da parte delle schiere cinefile più adulte.
Into this world we're thrown".
-Jim Morrison
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