
Io ti salverò, dentro una gabbia di matti
May 4, 2023 0 By Simone TarditiSi finisce sempre con l’evidenziare quale difetto principale di Io ti salverò proprio il suo tema principale, l’indagine psicanalitica condotta dall’affascinante Ingrid Bergman sullo smemorato Gregory Peck. Non necessariamente perché sia del tutto sbagliato o inverisimile il metodo da lei adottato, quanto piuttosto perché la macchinosità con cui i ricordi rimossi tornano alla luce semplifica e banalizza la consequenzialità attraverso cui un paziente X solitamente fa i conti con un trauma. Ciò è abbastanza evidente oggi – e si chiude volentieri un occhio, vuoi perché sia un film di Alfred Hitchcock, vuoi perché si tratti pur sempre di una produzione hollywoodiana d’alto livello – come probabilmente un po’ lo era già ai tempi dell’uscita nelle sale, ossia l’immediato dopoguerra.
L’aspetto di Io ti salverò che resiste di più agli anni è un altro. La psicanalista interpretata da Ingrid Bergman è un personaggio decisamente più sfaccettato e complesso di quello di Gregory Peck, individuo che oscilla tra l’essere impostore e vittima. Non appena conosciutolo, la dottoressa, che del raziocinio e della lucidità dovrebbe fare le stelle polari della sua professione, finisce risucchiata in un gorgo di passione e istintività dal quale non riesce ad emergere se non alla lunga distanza. In breve, la protagonista mette a repentaglio tutto di sé pur di guarire l’uomo che ama: la sua reputazione, il suo nome, il suo lavoro, la sua onorabilità, lo status sociale. Cose che lei ha ottenuto con fatica, lo capiamo dalla gerarchica struttura patriarcale all’interno di cui è riuscita a ritagliarsi una posizione. I suoi colleghi infatti, per genere di appartenenza, le si pongono in maniera superiore, spettegolano, criticano, fanno commenti velatamente salaci, la analizzano. È chiaro che la desiderino sessualmente e che desidererebbero con ciò sottometterla al loro potere, tant’è che quando Bergman perde la testa per Peck la screditano e s’impongono nei di lei confronti con un atteggiamento ostile quasi come se l’offenderla (alle spalle) mutasse solo in apparenza il grado di giudizio, ma non quello che la donna è per loro: una preda. Se lei non è (e non può essere) soggiogabile, diverso è il caso della paziente più problematica dell’istituto (ne veste i panni l’attrice Rhonda Fleming): nascondendo forse una visione maschilista degli autori, Io ti salverò la propone in bilico tra la ninfomania e la misandria, lasciando intendere (molto tra le righe) un abuso a turno da parte degli specialisti che l’hanno in cura.
Peck liquida come scemenze le teorie freudiane dei sogni. Non ci crede. Eppure Sigmund Freud avrebbe avuto di che divertirsi non tanto con il materiale onirico di lui, quanto con i sentimenti che prova Bergman nei confronti di uno sconosciuto che ha commesso un omicidio e che in stati di amnesia minaccia di uccidere ancora, tralasciando il fatto che vive fingendosi un altro e che la sua identità più che un puzzle da mettere insieme è un enigma costante. E lei lo ama in maniera incondizionata, a prescindere cioè da chi sia davvero e cosa possa nascondere. Un transfert dai soggetti ribaltati. Perciò, chi dei due è sano di mente? Nessuno?
Una ricognizione sulla scelta del titolo. All’inizio Alfred Hitchcock aveva pensato a Hidden Impulse (Impulso nascosto) prima che Ruth Rickman, una segretaria del produttore David O. Selznick, suggerisse il sibillino Spellbound (Incantato/i, letteralmente). L’italiano Io ti salverò perde questo elemento di mistero, ma evidenzia con più precisione l’essenza del film riducendolo esattamente a ciò che enuncia: la volontà di portare a termine e con successo un percorso terapeutico. Non male per un paese, il nostro, che per tutto il Novecento ha nutrito più dubbi che speranze nella Psicoanalisi.
Into this world we're thrown".
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