Contagious, il bizzarro zombie-movie con Schwarzenegger

Contagious, il bizzarro zombie-movie con Schwarzenegger

May 18, 2015 0 By Simone Tarditi

 

Arnold Schwarzenegger com’è finito in uno zombie-movie? Dal suo ritorno sulle scene dopo la carriera politica (“Lascia perdere Terminator! Quello faceva meno danni se si metteva a recitare Shakespeare!”, citando Michael Douglas nel secondo capitolo di Wall Street), Arnie ha confezionato un flop dopo l’altro, da The Last Stand a Sabotage (diretto dall’ottimo David Ayer, regista del recente Fury e del prossimo, attesissimo, Suicide Squad), passando per il terzo capitolo de I Mercenari, il cui leak sul web prima dell’uscita in sala ha affossato pesantemente il film al botteghino. E c’è chi già pronostica un insuccesso colossale per il suo imminente Terminator Genisys.

Maggie s’inserisce perfettamente in questo puzzle di desolazione, uscendo in pochissime sale e approdando direttamente in digital download, pratica sempre più diffusa quando la distribuzione si trova tra le mani pellicole che non possono essere proiettate nei cinema, per il loro essere poco appetibili per il grande pubblico. Fino al secolo scorso, in tali casi, spesso il film veniva archiviato, sepolto in magazzini, senza mai vedere probabilmente la luce di un proiettore. Ora i tempi sono quelli che sono, grazie a Internet si cerca di sopravvivere e di mangiare qualche briciola qua e là nel mondo, almeno per non andare in passivo.

Ciò che stupisce di un film come Maggie è la totale ammissione di presentare un prodotto che non vuole piacere. Maggie, infatti, è un film drammatico prima di essere uno zombie-movie, ed è un film “amatoriale” prima di essere un prodotto mainstream.

È fondamentalmente la storia di un padre che non rinuncia a prendersi cura di sua figlia (da qui, volendo, si può anche intendere il film come possibile metafora della tossicodipendenza), nonostante la reale impossibilità di fare qualcosa di sostanziale per modificare la sua condizione.

Inoltre, non solo viene lasciato pochissimo spazio a mordaci zombie affamati (relegati a giusto un paio di scene, solo per attrarre con l’inganno quella fetta sempre più crescente di amanti del genere), ma spesso e volentieri vengono violate le regole base del Cinema Nordamericano circa le inquadrature, il montaggio, e via dicendo. Per esempio, una legge non scritta del Cinema vuole che, se viene mostrata un’arma da fuoco all’interno di un film, essa -prima o poi- spari un colpo. Cosa che non avviene in Maggie, nonostante vengano mostrate più volte pistole e fucili. Giusto uno sparo, fuori campo e ovattato a tal punto da sembrare un rumore come un altro.

Maggie è un film che puzza di cadavere ancor prima di mostrarne uno. C’è un senso di morte, di fissità immobile del tempo, il quale sembra essersi fermato, indefinitamente. I colori, inoltre, risultano essere come appassiti, con una predominanza assoluta di tonalità di grigio. Solo nel finale, per pochi istanti, essi sembrano riprendere vita, ma sono comunque spenti.

È un film che sembra uscito dal nulla e al nulla sembra fare ritorno, senza scomporre alcunché attorno a sé. Senza smuovere neanche una foglia caduta a terra. E tutto ciò è dannatamente affascinante.

Simone Tarditi
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