
Wes Craven, il cinema, Bergman e le fiabe horror
August 31, 2015Wes Craven, come tanti altri registi che hanno iniziato a lavorare nel pieno degli anni ’70, si è fatto le ossa con una dura gavetta, iniziando specialmente nel mondo del porno.
Passare dalle urla nel pieno di un coito fino alle urla horror, splatter e slasher, Craven non si allontana molto e per il suo primo film L’ultima casa a sinistra, continua a lavorare con il corpo umano, ricevendo le sue classiche critiche per un film troppo cattivo, per le scene di violenza sanguinolente e di stupri riprese senza tagli.
Insomma, nel bene o nel male, il nome di Craven cominciava a circolare e qui non vogliamo affrontare il suo classico percorso basandoci sulla filmografia, ma soffermarci su tre titoli che riassumono perfettamente il suo cinema e la sua posizione di amore/odio di regista di culto, che lo emarginava dai grandi circuiti, stessa cosa successa a John Carpenter e per molti anni entrambi hanno lavorato grazie a una piccola casa di distribuzione e produzione, la Alive Films.
Nightmare – Dal profondo della Notte (A Nightmare on Elm Street) può essere facilmente riconosciuto come un punto di partenza come una fine. Negli anni ’80 lo slasher movie era monopolizzato da altri due mostri sacri del genere horror, Michael Myers (Halloween) e Jason Voorhees (Venerdì 17). L’arrivo di Freddy Krueger doveva essere d’impatto, portare qualcosa di nuovo e staccarsi dalla dimensione, anche misteriosa, dei due precedenti citati. Craven così costruisce attorno al modus operandi del ‘mostro’, un campo d’azione onirico, qualcosa che somiglia più ad una fiaba che ad un film horror; l’orco che va a caccia dei bambini persi nel bosco si trasforma in un demone, un evento dichiaratamente soprannaturale creatosi dal bigottismo e successiva vendetta religiosa, che uccide nei sogni i figli di quelle persone che lo hanno ucciso per i suoi crimini pedofili.
Nella genesi del mostro c’è tutto quello che il cinema horror ha raccontato dagli anni ’80: il ruolo della religione, le figure genitoriali che invece di proteggere sono custodi di segreti omicidi, gli errori dei genitori che dovranno scontare altri e il ruolo centrale della sessualità (la pedofilia di Krueger come i rapporti tra i protagonisti).
Come detto prima, il doppio ruolo di inizio e fine del film si contestualizza a maggior ragione per l’anno d’uscita e il genere; Nightmare è il film che mette fine al genere slasher, non ci sarà mai più un film simbolo del genere che riesca a superare la raffinatezza o la visione di Freddy con il maglione a righe squartato e i quattro artigli, ma sarà l’inizio del franchise cinematografico atto a lanciare nell’Olimpo del new horror Craven come la sua creatura leggendaria. Fuori da un contesto strettamente autoriale, Craven ha avuto un rapporto di amore/odio con la sua targhetta di ‘maestro dell’horror’; lui voleva dimostrare di saper fare altro e ancor di più, Craven voleva fare Cinema e come succede spesso, si viene messi in un angolo causa flop al botteghino. Sempre ha rievocato il suo amore per Bergman e la sua voglia di tuffarsi di petto a molteplici progetti cinematografici contemporaneamente. Il suo amore per il cinema, come per Bergman si mette in evidenza in ogni film, nella raffinatezza con cui girava le scene e come riusciva a costruire tutte queste dimensioni con i pochi mezzi che aveva a disposizione. Insomma, il ‘classico’ regista che da una penna, riusciva a tirarci fuori molteplici funzioni.
Come già citato prima, avvicinandosi alle produzioni indipendenti, Craven realizza uno dei suoi migliori film, tutt’ora snobbato e che, nonostante non volesse anche qui l’etichetta da ‘autore’, continuava una strada che Craven aveva già realizzato con Nightmare, la fiaba horror.
Nel 1991 esce La Casa Nera (dal titolo originale più affascinante The People Under The Stairs). Qui il concetto di fiaba viene portato al 100% su schermo, con qualche critica ad un sistema capitalistico e politico americano: c’è una casa, un segreto, l’impossibilità di uscirne vivi una volta entrati, la strega cattivo (la donna) e di nuovo l’orco che vuole mangiare i bambini (l’uomo) e per finire l’immancabile principessa da salvare, tenuta rinchiusa nella casa. Immaginate un film Disney ma in salsa horror/gotico. Come già successo con i ‘cattivi genitori’ di Nightmare, qui la donna e l’uomo sono la perfetta incarnazione del macabro, del mistero.
La dimensione onirica presente in Nightmare la possiamo ritrovare anche qui, seppur in una salsa differente: la casa diventa improvvisamente un castello, pieno di cunicoli, doppie pareti e camere segrete. Craven va oltre la logica, sembra narrartelo in ogni frame “il bambino è entrato in questa casetta, ma le dimensioni all’interno non contano”. Craven lavora con questi spazi infinitamente modificabili, proprio come in un sogno.
Il punto finale della filmografia e del suo fare cinema è sicuramente Scream. A differenza di Nightmare di cui dopo aver girato il primo capitolo e ripreso in mano dopo molti anni e molti film che avevano ridicolizzato la figura di Freddy Krueger, con Scream, Wes Craven decide di prendersi il progetto al 100% sulle spalle, girando tutti e quattro i capitoli della saga.
La sceneggiatura di Kevin WIlliamson girava tra gli addetti ai lavori. Sembrava un’idea geniale ma mancava chi poteva renderla bene su grande schermo, specialmente per la sua natura strettamente da metacinema, ma c’era qualcuno che aveva affrontato già un film simile, un ‘autore’ che cercava di far uscire i propri film dalla parete cinematografica e farli vivere nella realtà. Lo stesso Nightmare infatti risulta, ad oggi, essere un esperimento di quello che poi sarà Scream, la dimensione onirica come metafora del cinema che funziona secondo le leggi di Freddy Krueger e i nostri protagonisti che dovranno abbattere quella dimensione, studiandone le regole e trovando il punto debole.
Scream è da considerarsi a tutti gli effetti una pietra miliare del cinema. Fregandosene del tempo che avanza, Craven rimane fedele alle sue ispirazioni e gira il prodotto come fosse un film classico e soltanto con questa forza riesce a rendere iconiche alcune scene che ad oggi sono entrate nell’immaginario collettivo. Scream è un film difficile da pensare, oggi, nelle mani di Tarantino (inizialmente il film fu proposto a lui) e soltanto un mestierante classico che ha sempre ignorato il postmoderno come Craven poteva rendere il potenziale della sceneggiatura ad un successo mondiale.
Per salutare e ricordare Wes Craven, a poche ore dalla morte, è come camminare alla cieca in un campo minato: la parola ‘autore’ gli è sempre stata stretta e chiamarlo ‘genio’ potrebbe farci vedere in un classico atto di sciacallaggio.
Wes Craven è stato, semplicemente, geniale nel usare il suo lato cinefilo per raccontare le proprie storie, portarle al massimo potenziale.
La parola ‘genio’ viene automaticamente se paragonata la sua persona con altri autori presunti tali di oggi.
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