Magic Mike XXL, solo uno tsunami di dollari e ormoni?

Magic Mike XXL, solo uno tsunami di dollari e ormoni?

September 24, 2015 0 By Simone Tarditi

 

Il primo “Magic Mike” è stato uno dei più clamorosi “prendi i soldi e scappa” degli ultimi dieci anni. Costato la risibile cifra di 7 milioni di dollari (interamente finanziati da Steven Soderbergh, regista del film, e Channing Tatum, protagonista, dopo essersi visti chiudere le porte in faccia da tutte le case di produzione), ha incassato in tutto il mondo oltre 160 milioni di dollari. Numeri esorbitanti per film di questo calibro.
Questo secondo capitolo (costato il doppio) ne ha già incassati quasi 120.
La formula è la stessa: trama esilissima e pompatissimi intermezzi che vanno dal ballo, allo strip, al cantato.
Un vuoto intrattenimento dipinto di luci color arcobaleno per la gioia delle donne di ogni età, pronte a gettare uno “tsunami di dollari” sui loro palestrati dèi della serata.
Per chi invece ama il Cinema cosa rimane di “Magic Mike XXL”? Risposta: Steven Soderbergh.

Sotto l’ormai noto pseudonimo di Peter Andrews, direttore della fotografia, si nasconde niente meno che il regista di “Traffic” e della trilogia di Ocean. Soderbergh infatti, per chi non lo sapesse, cura ormai da anni la fotografia di ogni suo film/serie tv.

Volendosi prendere una pausa a tempo indeterminato da Hollywood (l’ultimo suo film, l’ottimo “Behind the Candelabra” è un prodotto HBO) e decidendo di concentrarsi unicamente sulla serie tv da lui diretta (“The Knick”, di cui sta per iniziare la seconda stagione), ha rifiutato la proposta di Channing Tatum di dirigere anche il nuovo capitolo di “Magic Mike”, ma ha accettato di curarne la bellissima fotografia. La storia non si conclude qua. Soderbergh si è permesso di consigliare un regista per il film: Gregory Jacobs, suo aiuto regista da quasi 20 anni.

Quindi, dal momento che il principale team di lavoro è rimasto sostanzialmente invariato, “Magic Mike XXL” va considerato a tutti gli effetti come un sequel del primo anche per la sua componente stilistica, che emerge con evidenza lungo tutta la pellicola.

Con le premesse fatte, è palese constatare che Jacobs non abbia minimamente dimenticato com’era stato impacchettato il primo “Magic Mike”.

Torna infatti una costante del cinema di Soderbergh: prendere le distanze dai personaggi attraverso campi medi, alternati in minor misura da primi piani in modo tale da mostrare maggiormente le azioni che essi compiono e/o l’ambiente in cui interagiscono. L’individuo infatti conta solo per quello che fa, pertanto si vuole mostrare di cosa è capace. E nel far vedere ciò, si rivela la più intima identità dell’essere umano.

La regia di Jacobs spoglia il film di ogni virtuosismo inutile e riduce all’essenziale la materia trattata, ponendosi sempre nell’ottica di allontanarsi e di far allontanare lo spettatore da quello che viene fatto vedere, sia per rendere “irraggiungibili” i personaggi sia per impedire ogni legame con loro.

Per quanto concerne la fotografia di “Magic Mike XXL”, Soderbergh si supera. Non solo nelle scene d’interno, come i night club, i cui confini indefiniti annullano ogni coordinata spaziale fino a costituire labirinti formati da luci, ombre e persone, ma anche e soprattutto nelle scene in esterni. Come nel caso della scena notturna sulla spiaggia, in cui Mike Lane (Channing Tatum) incontra per la prima volta la fotografa Zoe (Amber Heard): un fascio di luce proveniente da qualche decina di metri prima taglia esattamente a metà i loro corpi (volti compresi) e illumina i lunghi steli delle piante psammofile che ondeggiano nel vento. Oltre alla facile simbologia di due “metà” che s’incontrano per la prima volta, questa scena produce un effetto visivo stupendo.

Il lavoro che Steven Soderbergh alias Peter Andrews compie sulle immagini si perfeziona di film in film e dev’essere ormai considerato come un vero e proprio “tocco” personale, alla stregua dei più grandi direttori della fotografia. E per quanto provi in quest’occasione a nascondersi solamente dietro tale ruolo, la sua anima di regista esplode con preponderanza in più momenti del film, per non parlare dell’ultima inquadratura, un omaggio che fa a se stesso citando la scena finale di “Ocean’s Eleven”.

Simone Tarditi
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