
L’orgoglio degli Amberson, my name is Orson Welles
December 28, 2015“Io sono maledettamente cupo. I miei film sono come un buco nero. L’orgoglio degli Amberson, Dio se era cupo”. – Orson Welles
Stati Uniti 1873. Gli Amberson sono gli ultimi rappresentanti di una altolocata famiglia conosciuta e rispettata di Indianapolis. Eugene Morgan, un giovanotto intraprendente deciso ad esplorare le nuove possibilità offerte dal diffondersi dei motori per autovetture, corteggia disperatamente e senza successo Isabelle Amberson che gli preferisce il ben più mite e solido Wilbur Minafer.
Anni dopo ad una festa George, unico genito di Isabelle e Wilbur, conosce la bella Lucy che Eugene ha avuto dalla moglie morta. Tra i due ragazzi si insatura un forte legame che va a rinsaldare quello, mai sopitosi, che lega i loro genitori.
È il 1942 quando Orson Welles, appena ventottenne, si accinge a realizzare il suo secondo film sotto contratto con la casa di produzione RKO per la quale l’anno prima ha girato Quarto Potere.
Malgrado il contratto firmato con la casa di produzione prevedesse la totale libertà di manovra del giovane regista nel montaggio finale di entrambe le pellicole, le complicate vicende che seguirono l’uscita di Quarto Potere, l’entrata in guerra degli Stati Uniti e le reazioni del pubblico a un’anteprima fecero sì che il finale de L’orgoglio degli Amberson subisse un destino diverso.
Welles aveva scelto di puntare nella sua seconda direzione cinematografica sulla trasposizione di un romanzo dello scrittore premio Pulitzer Booth Tarkington, spostando lo studio su di un singolo individuo come il Charles Kane di Quarto Potere, verso una visione corale caratterizzata dall’intrecciarsi delle vicende di due differenti generazioni. Ciò che ne venne fuori è un potente melodramma, sceneggiato, allestito e girato con una sapienza e una precisione che rendono ancora oggi l’impressione di una stupefacente modernità, mutilato però di un finale che non venne mai più ritrovato dal suo autore, e che fu sostituito con una sequenza conclusiva fastidiosamente buonista che cancella con un colpo di spugna le intenzioni originali.
Purtroppo nella carriera di Welles l’abbandono troppo frettoloso di un progetto per inseguirne uno più nuovo e accattivante non è certo un episodio isolato. Poco dopo la fine delle riprese, ancora in fase di un primo montaggio, Welles partì per il Brasile al seguito di un’iniziativa sulla “politica del buon vicinato” patrocinata dal Presidente Roosevelt, e si impegnò nella realizzazione di un nuovo film, il documentario It’s all true rimasto poi inedito fino al 1993.
Continuò simultaneamente a lavorare, via telefono e telegramma al montaggio de L’orgoglio degli Amberson che si era premurato di affidare all’amico Robert Wise, il futuro premio Oscar e autore di West Side Story, Tutti insieme appassionatamente e Lassù qualcuno mi ama, già montatore di Quarto Potere che avrebbe dovuto alla fine del lavoro raggiungere Welles in Brasile per terminare il film.
Purtroppo lo scoppio della guerra interruppe la lavorazione e il film venne presentato in anteprima al pubblico dalla RKO senza il consenso del regista. Il registro grave della storia turbò profondamente gli spettatori e la produzione decise quindi di tagliare parte della pellicola (circa 45 minuti) e di girare un happy ending. Se per Quarto Potere era stata la profondità di campo la scelta stilistica a farla da padrone, ne L’orgoglio degli Amberson è sicuramente protagonista il piano sequenza attraverso cui Welles riesce, complice la bravura di attori che sono veri e propri giganti come Joseph Cotten, Agnes Moorehead e Anne Baxter, a ricreare delle atmosfere che riportano al suo primo amore newyorkese: il teatro.
Il dialogo fra i personaggi, seguiti mentre camminano o danzano, da lunghi carrelli è sofferto ma contenuto, i movimenti calibrati e gli sguardi intensi.
Una delle sequenze iniziali, quella del ballo a casa Amberson durante il quale Lucy e George si conoscono e si innamorano, e su cui intervenirono le cesoie della RKO, è stata più volte rivendicata dallo stesso Orson Welles come un’innovazione in seguito attribuita ad un altro regista che lui amava assai poco. “Lo feci io prima di Hitchcock in Nodo alla gola. Nella storia del cinema il primo rullo senza un taglio fu quello de L’orgoglio degli Amberson” (Dal libro, A pranzo con Orson edito da Adelphi).
Se in Quarto Potere Orson Welles era stato regista e interprete, ne L’orgoglio degli Amberson riuscì a ritagliarsi una piccolo ruolo “interpretando” in modo brillante ed inedito i titoli di coda in cui, elenca i nomi delle maestranze, evocate anche da fotogrammi che ne illustrano la specificità, e cast concludendo “I wrote the script and directed it, my name is Orson Welles”
Un film imperdibile anche nella sua versione amputata, che conserva il fascino e insieme la decadenza di una grande e magnifico relitto.
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