Joy, ‘American Dream’ al femminile

Joy, ‘American Dream’ al femminile

January 27, 2016 0 By Alessio Italiano

Joy di David O. Russell (The Fighter, Il Lato Positivo, American Hustle) è il nuovo film del regista americano ispirato alla vita di Joy Mangano, famosa imprenditrice che deve il suo successo ad una magica scopa per pulire i pavimenti, la “Miracle Pop”, inventata e pubblicizzata da lei stessa tramite un popolare programma televisivo.

Se c’è una cosa che apprezzo di questo regista, è il suo sapere creare dei personaggi e delle storie che riflettono la vita quotidiana di tutti i giorni con le piccole cose; la famiglia, tematica fondamentale per O. Russell quanto per il suo maestro Scorsese, i sentimenti, che siano tra una famiglia o una coppia il regista cerca sempre di inserirli nelle sue storie, e i legami familiari, tassello imprescindibile degli ultimi suoi tre film.

Ad interpretare la giovane imprenditrice troviamo ancora una volta la sua inseparabile musa, Jennifer Lawrence, ed altri attori che abbiamo già avuto modo di vedere nelle pellicole precedenti del regista come Robert De Niro e Bradley Cooper.
Joy è la classica storia sul “American Dream”, di qualcuno che ce la fa, che riesce a realizzare i suoi sogni, i suoi progetti, andando spesso contro tutto e tutti, inclusi i familiari, del non arrendersi mai, neanche nei momenti peggiori della vita (e credetemi qui ce ne sono davvero parecchi!) e di portare avanti una famiglia “allargata” molto turbolenta.

Tutto questo è Joy, splendida donna che fin da bambina impariamo a conoscere e a veder crescere insieme ai suoi progetti e i suoi sogni, grazie al sostegno della dolcissima nonna che la esorta ogni volta e non mollare mai e a dirle che un giorno diventerà qualcuno di importante.
Joy vive nella sua casa con la figlia, la madre depressa, la nonna buona e gentile, il padre che torna a casa ogni volta che viene lasciato dalla compagna di turno e l’ex marito, col quale il padre divide lo scantinato della casa. Una famiglia assolutamente folle e turbolenta, che ricorda molto quella dei precedenti film del regista (The Fighter e Il Lato Positivo), col quale molto spesso va contro per cercare di farsi strada con la sua idea, avendo l’unico supporto dell’ex marito che nonostante la separazione, gli resta sempre accanto nelle scelte più importanti e che diventerà il suo consigliere più fidato (Edgar Ramirez).

Ancora una volta come nelle precedenti opere di O. Russell abbiamo un film indubbiamente ben confezionato a livello tecnico, il montaggio e la scelta delle musiche (Rolling Stones) sono ancora una volta azzeccatissime e accattivanti, mescolando rock e musica pop. Il regista sceneggia addirittura una piccola soap opera che la madre depressa di Joy vede sempre rinchiusa nella sua stanza che omaggia le vecchie sit-com televisive anni ’50 e che spesso si va ad unire con i personaggi del film con un mash-up divertente ed originale in cui (ri)vediamo anche un giovane De Niro ringiovanito grazie alla CGI.

La cosa paradossale è quanto siano simili per un certo senso le storie raccontate all’interno dei film (soap opera e soggetto originale) che ricordano vagamente i lavori di un altro David, Lynch.
Nel film è visibile trovare quell’amore, quella cura per i piccoli dettagli, dagli interni (le case, gli uffici) agli esterni, in un mondo dove trucco e parrucco ancora una volta è ben curato, in particolar modo quello delle attrici che vendono i loro prodotti e le loro idee per l’imprenditore senza scrupoli (Bradley Cooper) e il modo che ha il regista di evidenziare la semplicità della protagonista in quel mondo dove tutto deve apparire perfetto e funzionante e dove non sono ammessi insuccessi.

Joy ci sbatte e ci risbatte continuamente la testa in quel mondo, fino a quando non riesce nella sua impresa; e proprio quando pensavamo che le cose stessero andando per il verso giusto, ecco che si ripresentano i problemi sotto una nuova faccia, quella dell’illegalità, omaggiando ancora una volta la filosofia Scorsesiana. Assistiamo all’ultima parte del film dove la nostra protagonista esce fuori gli attributi e dimostra che la sua non era soltanto un’idea “innovativa” ma che c’era dietro un’esperienza, quella di una donna, una madre, che meglio di tutti come usare e vendere le proprie idee, perché testate nella vita di tutti i giorni.

Alessio Italiano