
Queen of the Desert, il tempo di Herzog in un mare di dune
March 16, 201616 ottobre 2012. Werner Herzog è a Torino per presentare On Death Row, quattro puntate della sua serie-documentario ambientata nei carceri di massima sicurezza americani. Il regista s’interroga sulla pena di morte, sul diritto che un uomo si arroga di togliere la vita ad un altro uomo. Non si vuole provare l’innocenza di nessuno né mettere in dubbio l’effettiva solidità del sistema-giustizia a stelle e strisce (vd. Making a Murderer). Si vuole solo compiere un viaggio all’interno della morte, scavare a fondo nel tempo che intercorre tra la vita e il termine di essa.
Nel Q&A che segue, quando il regista tedesco torna in sala per parlare col pubblico dopo un abbondante cena (ipotesi sorretta dal numero di macchie d’olio e di sugo sulla sua giacca, alla faccia di quei finti film-maker fighettini con una polo immacolata 24/7) si trova anche spazio per discutere del suo ritorno al cinema vero e proprio dopo una pausa auto-imposta per concentrarsi sui lavori da documentarista.
Le prime indiscrezioni su Queen of the Desert iniziano già a circolare sul web a metà 2012: interprete principale (prima Naomi Watts, poi Nicole Kidman), abbozzo di storia, location e così via. Quando gli viene rivolta la fatidica domanda riguardo a come stia preparando il film su Gertrude Bell e se si tratti per lui di un ritorno alle origini, Herzog, con l’assoluta pace dei sensi, risponde che Queen of the Desert sarà uno dei suoi film più visionari, zeppo di quei luoghi sradicati dal tempo che hanno reso così celebre la sua filmografia più conosciuta. Presentato alla Berlinale del 2015, registrando sale sold out per ogni giorno di programmazione, Queen of the Desert è arrivato in home-video, finalmente. Il film segue le tracce di Gertrude Bell, istruita donna inglese di ricca famiglia, nei suoi percorsi di esplorazione del desertico Vicino Oriente a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Nel cast troviamo anche James Franco, Robert Pattinson e Damian Lewis.
Promesse mantenute quelle fatte da Herzog durante quella gelida sera del 2012? In parte sì. Il film si muove in una direzione ben nota nel cinema del regista, cioè quel “discorso sul tempo passato” (da Aguirre a Cobra Verde, da Nosferatu a Woyzeck, per citare alcune delle sue opere più celebri) che costituisce per Herzog lo scenario privilegiato nel quale ambientare i suoi film. Parlare di un tempo passato permette al regista-sceneggiatore di far defluire le ossessioni e i timori del presente in un’epoca finita, terminata e, per i più, sconosciuta. Il deserto che Gertude Bell (Nicole Kidman), protagonista di Queen of the Desert, attraversa è una terra ignota, tanto minacciosa quanto incantevole, ricca di forme di vita diversissime (ogni tribù ha le sue peculiarità, ogni paesaggio desertico presenta lievi, ma sostanziali differenze), teatro di scontri millenari di realtà e culture antitetiche.
C’è una sensazione d’immobilità temporale in tutto il film, passano gli anni, muoiono persone, gli scenari cambiano, ma tutto sembra rimanere esattamente com’è. Una delle guide di Gertude Bell non ha la cognizione del tempo se non nella misura dell’alternarsi del giorno e della notte o attraverso la forma di una preghiera. Strumenti come un binocolo o una macchina fotografica sono spettri di un mondo lontano, indefinibile, per gli indigeni che la protagonista incontra nel suo percorso, come lo sono per lei, viceversa, tutte quei riti e quei costumi locali che si ritrova a dover seguire e, per quanto possibile, rispettare.
Queen of the Desert indugia e si smarrisce in un mare di dune, rifiutando ogni forma di regia e montaggio frenetici per portare sullo schermo una storia che più classica non si può (amore, formazione, scoperta), ma che affonda saldamente le sue radici in un cinema passato, forte l’eco di pellicole del periodo muto come The Sheik (George Melford, 1921) o The Arab (Rex Ingram, 1924) o di celeberrimi capolavori del calibro di Lawrence of Arabia (David Lean, 1962), il cui personaggio di T. E. Lawrence è anche presente nel film di Herzog, e che del passato fa, come quasi sempre ha fatto, il protagonista privilegiato delle proprie storie.
Quello di Queen of the Desert è un Herzog rinnovato e in pieno rispolvero, che abbandona le inquietudini e le ossessioni dei suoi primi lavori per perdersi sempre più nella magia del suo mestiere, che mai come in questo momento sembra godersi pienamente.
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