
Codice 999, odore di Strada e Morte
April 21, 2016Ci sono delle parole chiave per capire la natura di Codice 999: morte, corruzione, marciume, Cormac McCarthy.
Poche parole per la trama: una banda di corrotti agenti di polizia ed ex membri dell’esercito, tenuta in pugno dalla mafia russo-israeliana di Atlanta, è costretta a tentare una rapina impossibile. Per farcela e uscirne vivi gli uomini hanno una sola speranza, distrarre tutte le forze dell’ordine causando un 999, codice usato dalla polizia per segnalare che un agente è stato colpito in azione.
La sceneggiatura di questo film è stata per anni chiusa in un cassetto. Torniamo sempre lì, nella ‘black list’ delle sceneggiature in bilico tra il capolavoro e il disastro.
Il progetto viene preso in mano dal sapiente John Hillcoat che tanto piace qui in redazione.
Qualche trailer, la giusta attesa ed eccoci qui, all’uscita italiana di Triple9, da noi Codice 999.
Le premesse sono chiare e limpide, già dalla prima scena: poliziotti corrotti, mafia russa, bassifondi di Atlanta, il marcio che serpeggia nelle strade, morte, morte in ogni centimetro di asfalto. Di tutti i personaggi che abbiamo, possiamo vederne già il destino scritto in fronte, dobbiamo solo capire chi tra loro ne uscirà vivo alla fine delle due ore di pellicola.
Come accennato John Hillcoat lo abbiamo conosciuto e amato in special modo per le sue ultime due pellicole, che non si scostano molto da questo Codice 999: Lawless e il sottovalutato The Road, tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy. Quest’ultimo lo abbiamo tirato in ballo a inizio articolo, dato che nel rimaneggiare la sceneggiatura e gestire tutti gli eventi, Hillcoat segue esattamente una poetica simile se non identica a quella di McCarthy: l’uomo è un cane bastardo e si merita la morte alla fine del tunnel e nessun tipo di luce o salvezza.
L’odore, il sapore di ferro e sangue che sentiremo nell’aria e nella bocca, tra i denti, durante la visione del film, è quel malessere che rigettiamo minuto dopo minuto.
Difficile proporre un film così marcio, dove la vita umana non ha assolutamente un valore per nessuno dei personaggi, neanche la loro vita è così importante. Tutti sono cadaveri che camminano, equilibristi sul filo infinito che non attendono di arrivare dall’altra parte, ma quel vento che li farà cadere e sfracellarsi a terra.
Il film avanza senza troppi indugi o chiacchiere, cosa che lo eleva tra tutti i classici film thriller: la storia viene raccontata tramite le azioni, i risvolti di trama e imprevisti. Nulla è certo, nulla si può organizzare quando minuto dopo minuto la situazione crolla miseramente sotto i piedi di ognuno.
Attenzione però, difetti ce ne sono. Alcune scelte o twist narrativi sono abbastanza discutibili, in special modo alcune reazioni a particolari eventi non sono proprio quelle che ci aspettiamo.
Ma la “strada” è quella, è dove il capitano Woody Harrelson, uno dei buoni, staccato dal servizio, torna a casa a bere e farsi di eroina o cocaina, l’unico modo per estraniarsi dal mondo e godersi ogni singolo momento della giornata, perché una pallottola in testa ad ogni poliziotto è lì che attende ognuno di loro.
Casey Affleck rappresenta perfettamente il punto di congiunzione tra film e spettatore: lui è il novellino, nipote di Harrelson, e sarà scelto come vittima sacrificale per innescare il Codice 999. Lui non è pronto per quel mondo, alza la voce e prende iniziativa come da copione, non sapendo che tutto nella città è sotto controllo dalla mafia. Quindi ribellarsi o modellarsi a questo?
Film denso di caos, che porta continuamente un senso di smarrimento e putridume. Una Kate Winslet, sempre perfetta, ma mai così spietata e gelida, nello sguardo, nel sancire la vita o la morte della persona che ha davanti. Lei, chiusa nei suoi vestiti e nella sua postura, è quanto di più vicino al Potere, quello con la P maiuscola.
Solo a fine visione, il rosso con cui si macchiano gli agenti corrotti durante la rapina di inizio film, comincia ad avere un significato abbastanza chiaro. Quasi un presagio. Un destino inevitabile.
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