
The Witch, l’innocente volto del Male
May 11, 2016Senza tanti giri di parole: The Witch (The VVitch: A New England folktale), opera prima del regista americano Robert Eggers, è una di quelle gemme rare che escono fuori una volta ogni dieci anni, un vero diamante allo stato grezzo.
Il film, ambientato nel New England del 1630, narra la storia di una famiglia puritana cristiana che viene bandita dal proprio villaggio per diatribe e presunzione da parte del capo famiglia. In seguito all’abbandono del villaggio, la famiglia composta da quattro figli, Thomasin, Caleb e i due gemelli Mercy e Jonas, costruiscono una fattoria nei pressi di un bosco, dove daranno alla luce il loro quinto genito. Durante una passeggiata per la campagna, la figlia più grande, Thomasin, viene derubata del piccolo neonato da una strega e incolpata dai suoi due fratellini piccoli di essere lei stessa una strega che a sua volta accusa i due gemelli di essere in combutta con il maligno perché riescono a parlare con Black Phillip, la loro capra nera.
Detto così, il film sembra essere il classico horror sulle streghe e di fatto lo è, ma è il modo in cui è stato concepito e realizzato a renderlo davvero un film potentissimo. Ispirato dalle leggende e dal folklore anglo-americano sulle streghe, The Witch è una chiara e limpida trasposizione e commistione di tutte le storie che aleggiano sul mito delle streghe fin dai tempi della famosissima Salem.
La Fede in Dio e la Possessione, temi più volte visti sul grande schermo, che probabilmente hanno raggiunto il loro apice e la loro perfezione assoluta con il capolavoro di William Friedkin The Exorcist, costituiscono l’humus narrativo su cui si snodano le vicende del film. I dialoghi sulla fede tra il padre William e il piccolo Caleb ricordano molto quelli tra Padre Merrin e Padre Carras nel film di Friedkin.
Se c’è una cosa che colpisce di The Witch è la regia. Lo stile e le influenze di Eggers ricordano la maestria di Kubrick e del suo The Shining; quel modo di girare lentamente, prendendosi tutto il tempo necessario per costruire tensione, terrore, in un crescendo di musiche sempre più forti e inquietanti, il saper creare del terrore vero e puro con degli elementi in parte già visti, ma che riescono a catturare e immergerti in quell’atmosfera lugubre e macabra. Niente giochetti del vedo non vedo come il recente The Babadook o i film della Blumhouse coi loro famosi jump-scare di cui ormai il 90% degli horror è popolato, qui si torna alle origini, a quel modo di fare cinema come negli anni ’70, come nel caso del cult inglese The Wicker Man di Robin Hardy, un altro film che ha sicuramente influenzato lo stile visivo e registico di Eggers.
Altro elemento interessante messo in mostra dal regista con i cult horror dei 60s/70s è l’utilizzo di animali come tramite del “maligno”: capre nere, corvi, conigli, che fanno parte della cultura “horrorifica” da anni. Sicuramente tra i fattori più potenti nel film vi è anche la sua straordinaria colonna sonora, realizzata da Mark Korven (This Must Be the Place) che rimanda ad altre storiche soundtrack come quella dei Goblin di Suspiria o quella di The Shining a cura di Wendy Carlos e Rachel Elkind. Un ultimo riscontro che è impossibile non notare nel film, è la sua somiglianza con un recente horror diretto dal grande Rob Zombie, The Lords of Salem: anche lì un gruppo di streghe cerca di convertire la dj locale della piccola cittadina, Heidi, ad unirsi alla confraternita delle streghe, con una piccola differenza, nel sabba finale(il finale di The Witch è quasi un richiamo al film di Rob Zombie) lei darà alla vita l’anticristo. Lo stile di Eggers è però più sobrio e in linea con il cinema horror inglese più che americano, mentre quello di Zombie è più blasfemo, più eccessivo, quasi un trip allucinato (più simile questo registicamente alle sue idee folli da horror-rocker pseudo-satanista).
Il film presentato al Sundance Film Festival ha riscosso e sta riscuotendo un successo strepitoso da parte della critica e forse un po’ meno da quello del pubblico, oggi giorno troppo abituati ai prodotti Blumhouse tutti uguali a se stessi, con lo stesso tema da dieci anni a questa parte (spiriti, demoni, presenze), o dei mockumentary noiosissimi e mal diretti, un pubblico che si è ormai drogato di prodotti mainstream, soprattutto quello americano, accontentandosi dei classici trucchetti utilizzati dai registi per far prendere piccoli spaventi (i famosi jump-scare di prima) senza saper creare un minimo di autentico terrore old-school, ma soprattutto un’opera vera, autentica. Ecco perché The Witch, in un panorama come questo è proprio l’outsider che fa la differenza.
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