
KILL BILL DIARY VOL. II – Quentin dalla parte dei perdenti di Hollywood
May 16, 2016(…) Quentin mi metteva nel mucchio dei perdenti, delle meteore, degli attori tv scomparsi e ovviamente dei bad boys. Tutto abbastanza vero. Negli ultimi due anni avevo interpretato spesso me stesso in quei raduni fatti per firmare autografi. Ero sempre il nome di punta, in quei casi, ma non è che sia un granché. In questi raduni ci trovi di tutto (…). Gente borderline, almeno per i miei standard. Spaventoso. Da brividi nella schiena, unghie nel vetro e desiderio di farla finita il prima possibile. Ma queste sono le persone che Quentin ama più di tutte, molto più delle grandi star di successo. Un ragazzo come lui sta per forza dalla parte dei perdenti. È sempre pronto a dare una mano a quelli che non sono andati molto lontano, quelli che crede valga la pena salvare. La cosa migliore è che in questo caso aveva puntato su di me. Ed era sicuro come l’inferno che avrei fatto del mio meglio per non deludere le sue aspettative. (David Carradine, Kill Bill Diary, Milano, Edizioni Bietti, 2011, p. 35)
C’è un vecchio attore e c’è un giovane maestro. C’è un uomo che vuole giocarsi la “carta della vita” e ce n’è un altro all’apice della sua carriera che deve solo confermare di meritarsi di essere lì dov’è, tra i più grandi. C’è un figlio d’arte (suo padre John nell’olimpo di Hollywood c’è già) e c’è un figlio di nessuno che ha conosciuto suo padre Tony dopo essere diventato famoso solo perché quest’ultimo ha voluto sfruttare la popolarità del figlio. La macchina dello show-business è più simile ad un tritacarne che a un nido dal quale spiccare il volo, spensierati.
Tarantino il miracolo l’ha già fatto più volte. Ha resuscitato John Travolta con Pulp Fiction e ha recuperato Pam Grier e Robert Forster in Jackie Brown. Può salvare anche David Carradine, lui ne è convinto. Assieme a lui, nel ruolo di suo fratello e di sua amante, ci sono altre due persone a cui Tarantino può gettare un salvagente nel tempestoso mare hollywoodiano: Michael Madsen e Daryl Hannah. Il primo è diventato parte dell’immaginario collettivo nei panni del sadico-figlio-di-puttana-taglia-orecchie-spargi-benzina in Reservoir Dogs / Le Iene proprio grazie allo zio Quentin e ha volato ancora alto in Donnie Brasco, ma poi quasi nulla: qualche particina da caratterista, un paio di divorzi e di figli, ma nessun altro caposaldo della cinematografia americana degli anni ’90. La faccenda di Daryl invece è leggermente differente, lei non ha avuto bisogno di Quentin per salire alla vera ribalta, negli 80s le sono bastate le parti in Blade Runner e Wall Street per ritagliarsi una fetta di gloria duratura nel tempo.
Ancora su M. Madsen, uno di quelli che avrebbe meritato più visibilità dalle major, Carradine -nel suo magnifico Kill Bill Diary– spende parole splendide:
(…) Michael: il migliore! Durante i preparativi mi ha preso da parte e chiesto se credo in Dio, ha parlato di quale mondo i suoi figli andranno ad abitare, e del significato di tutto. Ho cercato di rispondergli con sincerità. Sono domande difficili. Ho detto a Michael che mi limito a mettere un piede davanti all’altro, ricordandomi sempre di camminare piano sulla Terra e di risistemare le zolle di terra quando gioco a golf. Ha soltanto annuito e poi si è accovacciato sulla soglia malconcia della sua roulette, per rientrare nei panni del rozzo zotico ubriacone che fa il buttafuori in una bettola. (Ibid., p. 159)
L’uguaglianza fama=bravura è effimera, si scioglie al sole. Quante volte, in film demoliti dalla critica, dimenticati dalla stampa, snobbati dal pubblico, abbiamo assistito ad autentiche prove attoriali da piangere diamanti? Troppe. Eppure va bene così, sul serio. Se Quentin è un eccezionale burattinaio (nell’accezione più positiva che del termine si possa offrire), in grado di far calare un luminosissimo fascio di luce, anche solo per un unico film, su dei grandi rinnegati di Hollywood come Carradine, Madsen, Hannah, perché questa sua abilità è sempre più un unicum tra i suoi colleghi e amici registi? Tarantino è uno di quei professionisti in grado di far recitare anche un cactus, continua a dimostrarlo film dopo film. Eppure sono pochissimi quelli disposti come lui a scommettere su una vecchia gloria come Carradine, di rischiare la credibilità di un personaggio e di un’intera pellicola (termine consono, una volta tanto, essendo Tarantino fieramente schierato contro il digitale) solo per cercare di dare vita a quel miracolo, che si dipana fotogramma dopo fotogramma, chiamato cinema di cui tutti diveniamo spettatori-testimoni, incapaci di rinunciare a quell’illusione collettiva e prodigiosa.
- Le palle d’acciaio di The Caine Mutiny Court-Martial - September 11, 2023
- Appunti sparsi su Crimini e misfatti - September 8, 2023
- Quell’unica volta in cui Douglas Sirk si diede al genere western - August 29, 2023