
Somnia, un sogno ad occhi aperti
June 1, 2016Chi da bambino non ha mai avuto paura almeno una volta la sera, dopo la favola o la preghierina della buonanotte? Quando la madre rimboccava le proprie coperte e dando un bacio sulla fronte del proprio bimbo gli augurava “Sogni d’oro!”? In pochi istanti la luce si spengeva, la porta si socchiudeva e un silenzio inquietante calava nella stanza. Che fosse il buio, l’uomo nero, la befana o che so io, quello che ci spaventava, una volta calato il sonno svaniva lasciando spazio a bei sogni o a quelle paure che di notte in notte continuavano a tramutarsi in incubi.
Mike Flanagan, dopo Oculus – Il Riflesso del Male, torna al cinema dopo un’assenza di tre anni con un nuovo horror, Somnia (titolo originale Before I Wake) firmando oltre alla regia anche la sceneggiatura e la cura del montaggio in una misteriosa indagine sul mondo dei sogni.
Dopo la perdita del figlio Sean, Jessie (Kate Borswort al fianco di Julianne Moore in Still Alice del 2014) e Mark Hobson (Thomas Jane, il quale ha lavorato sotto la magistrale direzione di registi come Paul Tomas Anderson e Terrence Malick) sono persi, lei divorata dal rimorso trova la sua unica consolazione in un gruppo di supporto mentre il marito cerca di farsi forza e andare avanti, passando come insensibile agli occhi della moglie che nei suoi vagabondare notturni per la casa continua a subire passivamente il tragico incidente del figlio.
Impossibilitati a mettere al mondo altri figli decidono di intraprendere la strada dell’adozione e su consiglio della consulente, gli raccomanda un bambino intelligente, dolce e creativo, Cody (interpretato da Jacob Trembley, diventato noto con il ruolo del piccolo Jack Newsome in Room) che come i due sposi ha sofferto per la perdita della madre e ha vissuto altre brutte esperienze all’interno delle varie famiglie adottive.
Tuttavia, presto Jessie e Mark si accorgeranno di quanto i sogni di Cody siano speciali, grazie al suo “dono” di materializzare nella loro fisicità le proiezioni mentali che invadono la mente del bambino, riproducendole, così, nel mondo reale.
Quello che inizialmente sembra un miracolo che si manifesta sotto forma di meravigliose farfalle colorate assumerà ben presto connotativi negativi dai toni più cupi e meno rassicuranti.
Il termine Somnia, da cui il titolo, deriva dal termine latino «somnium» e si riferisce a quello stato tra sonno/sogno che in senso figurato fa riferimento a una fantasia/chimera/illusione ci guiderà alla scoperta del mondo segreto di Cody, dominato dalle sue passioni, dai suoi ricordi e dai suoi incubi visti attraverso gli occhi di un bambino di otto anni.
L’intero film è incentrato sul rapporto madre – figlio, doloroso e sofferto, sentimento che corrode e consuma Jessie; la quale trova in Cody una via di fuga, una scappatoia a tutto il suo costante malessere. Si innesca, così, un egoistica necessità di coltivare nel bambino ricordi del figlio defunto solo per poterlo vedere e sfiorare, udire la sua voce un’altra volta fino a che questo desiderio di guarigione prende il sopravvento.
Quando Cody si addormenta, la presenza di un essere si aggira inquieto nelle notti, così da generare un carico di suspance nelle attese nello spettatore; un’ombra angosciante misteriosamente appare e scompare, una sagoma dalle fattezze umane, dagli occhi scavati e vuoti e dalla pelle esangue: l’uomo Cancro.
È lui l’incubo profondo e radicato del bambino che lo spaventa e gli impedisce di addormentarsi, perché sa che non lo abbandonerà mai.
Il film però nella particolarità della sua trama risulta, tuttavia, imperfetto.
È sufficiente soffermarsi per un attimo sulla scomparsa di Mark che non coinvolge minimamente i sentimenti di Jessie, lasciandola passare immediatamente in secondo piano, in favore di una ricerca disperata di Cody. Allora perché una donna che non riesce a superare la perdita di un figlio affronta con tanta indifferenza la misteriosa scomparsa del marito, facendola apparire così superficiale e insensibile?
Inoltre, anche il nome del mostro fittizio è un’anticipazione di ciò che poi sarà la risoluzione finale della vicenda, un connotato che si oppone alla scelta registica di ritardare il più possibile l’esplicita visione del “mostro”.
La paura, per definizione, deriva dal timore dell’ignoto, che piega così i pensieri alterandoli e deformandoli ma solo una luce diversa che illumina lo scenario rende possibile una nuova visione della realtà e il consecutivo superamento di quanto prima ci terrorizzava. Questo è Somnia, un incubo doloroso che assume una dimensione diversa grazie alla razionalità dei fatti reali.
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