Segreti di Famiglia, la necessità di una contestualizzazione

Segreti di Famiglia, la necessità di una contestualizzazione

June 24, 2016 0 By Gabriele Barducci

Il grande dramma delle fotografie. Come tante altre forme d’arte il fraintendimento o la doppia lettura di un’attività mette in cattiva luce un’azione di base innocua, o premeditata. Andrew Kaulder, protagonista maschile in quel Monsters di Gareth Edwards, è un fotografo, uno di quei fotoreporter che hanno anche l’ingrato compito di fotografare zone di guerra, conflitti, corpi mutilati. La figlia del suo direttore, che è andato a salvare, esprime il suo disgusto per tali fotografie ma la risposta di lui è tagliente: “Tuo padre mi paga per avere quel tipo di foto. Chi è più disgustoso?”.

Una foto ad un bambino viene talvolta scambiata per un atto di stampo pedofilo, una foto di due amanti a letto nudi ha carattere pornografico. La difficoltà di contestualizzare le foto è un tabù, quasi una necessità a puntare il dito contro qualcosa che poco ci piace o a cui siamo abituati ad attribuirne significati negativi o osceni.
Eppure sono le stesse foto che richiedono la necessità di essere contestualizzate, ci indicano loro stesso, all’interno di quel bordo rettangolare, la voglia di avere una propria cornice e una storia da raccontare, bella o brutta che sia.

Un grande preambolo per un film di implosione e quindi, minimalista. Un padre e relativi due figli, uno adulto con lavoro e figlia appena nata, l’altro adolescente con evidenti problemi relazionali, si ritrovano per affrontare nuovamente la perdita di quella che è stata moglie e madre, in un vortice di segreti che vengono a galla, deglutiti con fatica, consapevoli della necessità di andare avanti nonostante tutto.
Isabelle era una madre affettuosa e una moglie comprensiva, molti sono i mesi che passava fuori casa per via del suo lavoro di fotoreporter nei luoghi di guerra. Louder Than Bombs; nel titolo originale del film troviamo subito una collocazione a queste bombe, oggetti a cui la donna era abituata sul campo di lavoro ma l’esplosione che ne provocano, è nulla davanti all’implosione di questi tre uomini che si ritrovano a fare i conti con una figura femminile ormai assente e la necessità di trovarne un’altra, anche goffamente, cadendo in alcuni clichè classici in termini narrativi, ma anche in circostante quotidiane: iniziare una relazione proibitiva con una collega, tradire una moglie oppressiva con l’ex e rimpiangere quest’ultima, innamorarsi di una delle ragazze più belle del liceo e inarrivabile.

Segreti di famiglia crea dell’intimo e, come da titolo, del segreto, della doppia vita, il cuore e le vene di un racconto che trova la sua parte migliore nelle sequenze di Conrad, il figlio minore: ci ritroviamo nella stanza con lui, al buio, con la sola luce provenire dallo schermo del pc. Forse toccato dalla scomparsa della madre, difficilmente digerisce quello che è diventato, le relative ossessioni del padre verso di lui e tutto il mondo che lo circonda, scarica questi dati indecifrabili su un foglio Word. Realizzare e idealizzare una giornata, un amore, il record di masturbazione quotidiana, tutto sotto forma di scrittura, preparare il testo, correggerlo, creargli la giusta cornice e confezionarlo solo per portarlo alla presenza di chi merita la sua lettura e il suo silenzio. Quella ragazza.

Cerchiamo in tutti i modi di creare una cornice nella nostra vita, di contestualizzarla al meglio, ma questa ci sfugge via. Anche quando cerchiamo di uscire da tale riquadro, consci di aver forse trovato la strada giusta, ma ritorneremo sempre nei nostri passi, nel nostro costrutto che abbiamo realizzato e trasformato nella finzione della nostra vita. Attori su un palcoscenico, sagome in una fotografia incorniciata con raffinatezza ma tutti i presenti, con gli occhi spenti.

Gabriele Barducci