I misteri di 10 Cloverfield Lane

I misteri di 10 Cloverfield Lane

June 28, 2016 0 By Gabriele Barducci

La strategia del ragno

Le mani di Howard (John Goodman, sempre più gigantesco) si aprono e si richiudono. La respirazione affannosa si fa ancora più difficile. L’esplosione è imminente. È il sovrano di quel regno, costruito e abbellito con le sue stesse mani, nel quale ha voluto far entrare ospiti che non sa gestire. Vorrebbe controllare ogni aspetto e ogni cm² di quel luogo angusto, ma non è in grado di farlo. È un predatore mancato, che ha seppellito se stesso in quella tomba sotterranea dalla quale non vuole più uscire.

Come un ragno, Howard ha colpito la sua preda quando questa si è avvicinata troppo alla sua ragnatela. Aveva bisogno di lei dopo che la dipartita dell’ultima ospite. L’ha sigillata, rinchiusa in una stanza perché si rimettesse dall’incidente subito, l’ha nutrita, l’ha curata, le ha mostrato quanta bellezza si celasse lì sotto, nella sua tana. Cosa voglia fare Howard è chiaro: vuole stare lì sotto e starci per sempre. Il suo è un sarcofago di cemento armato, dieci metri sotto terra, nel quale vuole trascorrere il resto dei suoi giorni. Scorte di cibo ce ne sono abbastanza e quando finiranno potrà sempre uscire di nuovo, ben equipaggiato e protetto, a caccia di viveri e magari qualche nuova creatura per tenergli compagnia. Ma cosa c’è la fuori? Il pericolo è concreto? La sua è solo la paranoia di un uomo completamente folle e metodico al tempo stesso? I demoni interiori che lo dominano hanno un loro corrispettivo anche in quello che resta del mondo, ma sorge una domanda: la sua situazione era già quella prima che il pianeta Terra diventasse una terra inospitale per l’Uomo? Ha avuto una premonizione che si è tramutata in realtà e da lì non si può più fuggire.

Howard è incline a rilassarsi, una volta che ha eliminato dalla sua mente tutto ciò che sta al di fuori del suo bunker antiatomico, vuole prendere tutto con tranquillità. Ha un juke-box con vecchi successi, ogni tanto piazza un disco e si mette a ballare come un grizzly. Ha un televisore con tanto di vecchie VHS e si riguarda di tanto in tanto quei film, commuovendosi e divertendosi per quanto sono belli. Sulla tenda della doccia c’è un papero con l’impermeabile e dappertutto ci sono pianticelle, giochi da tavolo, puzzle a cui mancano i pezzi, qualche libro, tanti quadretti appesi, un poster con la Tour Eiffel, un acquario con pesci rossi. Sono tutti piccoli rimasugli di quello che era una volta la vita, la civiltà. Minuscoli strumenti di evasione dall’isolamento. Il tappetino con la scritta WELCOME è all’interno della struttura, non al suo esterno.
Nascosta c’è anche una stanza, dalla quale si può accedere solo passando per il condotto d’aerazione. È un luogo inaccessibile per Howard: troppo stretto il passaggio, troppo grosso lui. È una prigione dentro una prigione, ma essa può dare accesso alla libertà senza passare dalla porta principale, che il padrone di casa sorveglia con massima cura. Tante chiavi aprono tante porte. C’è un’organizzazione militare in tutto questo, forse lui è un reduce che ha assimilato alla perfezione le regole che gli hanno inculcato nella testa. La via per la fuga c’è, ma è come un miraggio. Fuori di lì non c’è più nessun posto in cui andare e in cui essere sicuri.

La particolarità dei ragni è che non divorano le loro prede. Le paralizzano avvelenandole, procedono a mummificarle con un tessuto setoso e si cibano di esse solo successivamente, succhiandone via i tessuti interni che nel frattempo si sono sciolti. Questo è anche quello che fa Howard, senza arrivare ad essere cannibale di esseri allo stato liquido. Da ragno predatore diventa preda imprigionata nella sua stessa ragnatela, destinato a sciogliersi e a non essere neanche consumato.

di Simone Tarditi

 

La Mystery Box di J.J. Abrams.

Roba che ti mettono gli spoiler direttamente nella locandina.

Roba che ti mettono gli spoiler direttamente nella locandina.

Dividiamo l’analisi in due parti. Non capitava dai primissimi tempi di Vero Cinema. I più affezionati ricorderanno bene. Si sceglie questa strategia in quanto questa seconda parte si concentrerà su quello che è stato e sarà 10 Cloverfield Lane per il cinema che verrà e per contestualizzare per bene un film che ha tra le sue file sia estimatori che detrattori.

Inutile dire che ci saranno spoiler, necessari per parlare a 360° dell’opera in sé.

Ci sono alcune premesse necessarie: il nostro pendolino cade tra il “film bellissimo” e “progetto interessante, da approfondire”.
Parliamo del tanto odiato/amato J.J. Abrams. In un’interessante intervento del 2007, il buon Abrams ha spiegato a parole una procedura che da anni muove, in particolare, il settore cinematografico: la Mystery Box.

Ci addentriamo anche noi ad analizzare questa mystery box proprio perché è alla base per capire 10 Cloverfield Lane, il film che potrebbe cambiare per sempre il concetto di sequel o franchise cinematografici. Anzi, li ha già cambiati, nell’esatto momento di uscire al cinema.
Concetto semplice ma raffinato: una scatola chiusa, osservarla, chiedersi cosa ci sia dentro, fantasticare sul suo contenuto, per poi aprirla e uno alla volta, tirare fuori tutto il contenuto, cercando di ‘costruire’ una storia, un’esperienza, una sensazione. Una mystery box rappresenta una possibilità infinita di equazioni, di storie, un potenziale, appunto, infinito, dettato solo dal limite di uno sceneggiatore o di un cantastorie. Una sorta di paradosso del gatto di Schrödinger in termini narrativi.
Quindi abbiamo, Cloverfield, 10 Cloverfield Lane, sequel? Prequel? Non ci capiamo più nulla.
10 Cloverfield Lane potrebbe essere considerato, in termini televisivi, una sorta di Spin-Off di quello che era Cloverfield. Non un fratello, quasi più un cugino alla lontana.

Nella pista da ballo c’è sempre J.J. Abrams, che figura anche qui, come in quel Cloverfield, produttore grazie alla sua casa di produzione Bad Robot, eppure il “tocco alla Abrams” c’è ed è evidente.

Estate 2016, sveliamo una delle più grandi verità su cui molti avevano perplessità, dubbio, luoghi oscuri: Abrams dimostra il meglio di sé quando si trova dinnanzi a prodotti che regalano la magia del ‘mistero’ e/o in progetti dalla lunga durata, serie tv in primis, perché oltre a Super 8, difficilmente un prodotto cinematografico diretto e scritto da Abrams ha convinto a livello globale. Sì, abbiamo odiato Star Wars VII.
10 Cloverfield Lane come previsto ha deluso chi si aspettava un diretto sequel di Cloverfield ma ha meravigliato chi invece si era fatto avvolgere da quel velo di mistero dietro un progetto di cui nessuno ne sapeva l’esistenza fino a due mesi prima dell’uscita al cinema, con il primo trailer. Insomma, sbatterti in faccia un film di proporzioni mastodontiche (per quanto riguarda le ambizioni) e averlo già nel giro di sessanta giorni.

In molti hanno tirato in ballo la questione del “sembra una puntata di Ai Confini della Realtà”, disprezzandolo, eppure è proprio in questa critica che il film vive della sua natura finale.

Chiariamo già da ora con un MEGA SPOILER solo per i navigati, coraggiosi o gente che ha già visto il film: sì… Howard sarà anche matto ma fuori dal bunker, sulla Terra, c’è veramente un’invasione aliena con tanto di esercito a reclutare gente per combattere l’invasione (evidenziate e…magia! Mistery Box anche su Vero Cinema) e sembra che sia stata proprio questa sfumatura a rovinare la visione a diversi spettatori. In una costruzione di totale paranoia, in uno spazio piccolo e angusto, il dettaglio degli ultimi quindici minuti di film, accennato, messo in dubbio, di difficile realizzazione, ha rovinato quanto fatto nel precedente minutaggio. Ma proprio questo rende 10 Cloverfield Lane unico nel suo genere, proprio qui il film riscrive il concetto di sequel portando al cinema una pratica comune almeno nelle serie tv: idealizzare un titolo (in tal caso quel Cloverfield contestualizzato per ogni pellicola, che speriamo arriveranno in futuro) per costruire attorno ad ogni film universi narrativi non condivisi ma unici, che vivono all’intero della storia che racconta, regalando allo spettatore, nell’arco dei film usciti, diverse storie, tutte diverse ma stimolanti, ragionando inoltre sull’attuale.
Davanti una chiara paranoia che negli Stati Uniti è ormai prassi quotidiana di ogni cittadino, la necessità di avere tutto sotto controllo, la paura di qualcosa che sta per arrivare e il correre ai ripari nel rifugio, nello shelter (Take Shelter, capolavoro di Jeff Nichols, parla proprio di questo), Cloverfield invece raccontava dell’imminente tracollo degli Stati Uniti tramite un’esperienza puramente digitale e ‘personale’.
Come il dubbio costante, il confine labile tra verità e menzogna, permea 10 Cloverfield Lane, mostrando le diverse forme di una realtà a noi sconosciuta, lo stesso franchise si pone il medesimo obiettivo: diverse forme e metodologie di racconto, reinventandosi sempre.
Croce e delizia del cinema di oggi di cui il franchise ‘Cloverfield’ ha fatto la sua arma: sperimentare

di Gabriele Barducci

Se siete arrivati fino alla fine, vi meritate quei bei faccioni. Guardalo J.J. che ride. Ne ha fatta un’altra (stavolta bella) delle sue. Mattacchione.

Gabriele Barducci