
Stranger Things, illuminante atto d’amore
July 22, 2016C’è chi dalla libreria è andato alla ricerca di un libro di King per rileggerlo, chi è salito in soffitta e pianto davanti lo scatolone impolverato con la dicitura ‘VHS’, chi come noi di Vero Cinema ci siamo lasciati trascinare da locandina cinematografiche di cult intramontabili e riscoperto un amore sopito ma mai morto per Wes Craven, John Carpenter o il miglior Steven Spielberg.
Stranger Things è entrato nelle nostre vite così, di colpo; annunciato con un trailer sommario di grandi omaggi al cinema anni ’80 e tanti dubbi. Certo, il nome ‘Netflix’ ormai è sinonimo di qualità e certezza, anche se non capita di avere dei dubbi (vi ricordiamo le nostre considerazioni negative attorno alla seconda stagione di Bloodline QUI) quindi ci siamo avvicinati cauti e cercando di tirar fuori il meglio possibile pur rimanendo con i piedi per terra.
Lungi da tutte queste premesse, i primi sei episodi, su otto totali, ce li siamo bevuti tutti in una giornata. Qualcuno direbbe “non ve li siete goduti” invece no. Stranger Things è talmente palese nelle intenzioni proposte che, oltre ai chiari riferimenti, vive la sua vittoria anche nella semplicità con cui la narrazione avviene puntata dopo puntata. Stranger Things non è un nuovo Breaking Bad, da rimanere allibiti e pieni di interrogativi nel capire comportamenti e modus operandi dei protagonisti presentati, ma semplicemente un grande rievocazione delle ambientazioni anni ’80 e di quel cinema che ha costruito i cineasti di oggi e influenzato l’immaginario collettivo di noi che poi finiamo a parlare di cinema e vedere relativi film, venti ore al giorno.
Quali sono dunque le parole chiave per descrivere Stranger Things? Bambini, biciclette, piccole cittadine boschive, una bambina dagli strani poteri telecinetici, una creatura che serpeggia di notte e uccide vittime innocenti, varchi dimensionali e relative altre dimensioni.
Stranger Things quindi è chiaramente un atto d’amore, una grande rievocazione che attinge a piene mani da opere del passato e non ne nasconde la natura derivativa (odiamo questo termine, ma qui ha una cornice positiva) trasformandolo nel suo punto forte. Nel periodo estivo di norma, si tende a tornare bambini, cerchiamo di rilassarci il più possibile, eseguiamo i nostri recuperoni di film o serie tv che ci siamo lasciati dietro e se fino a quindici anni fa ci si scambiavano carte Pokèmon sulla spiaggia, oggi ci va proprio a caccia di Pokèmon per le strade. Il salto generazionale è stato evidente, come lo è in Stranger Things, dato che oltre a presentare tre principali storyline, adulti, adolescenti e bambini alla ricerca del bambino scomparso, la serie ci mostra il salto generazionale anche in termini televisivi e cinematografici e qui citiamo il banale: senza alcuni grandi Classici, come gli stessi grandi film che abbiamo visto a cavallo degli anni 70-80, non avremmo mai avuto il cinema di oggi, fortemente influenzato da queste opere e che tiene sempre un occhio dietro la testa, per quanto poi si cerchi di fare del grande cinema d’avanguardia, il pensiero è sempre lì, al miglior cinema, quello che porta il nome del nostro progetto, quel Vero Cinema che Stranger Things sembra celebrare apertamente.
I dubbi ci sono: Stranger Things può essere considerato una furbata, al netto delle sue intenzioni? Sì, ma non si riesce a voler male a quanto visto. La serie continuerà? Qui sorgono i primi dubbi.
Le infatuazioni anni 80, come tutti i film presi in omaggio, sono come un barile; arrivati alla fine, cosa hai da raccontare? C’è quindi il rischio che una seconda, poi terza, poi quarta stagione arrivi a una esasperazione narrativa nel cercare di raccontare qualcosa che ha perso la bussola o, più semplicemente, perde la propria natura di omaggio a qualcosa, cominciando a crollare inesorabilmente minuto dopo minuto, puntata dopo puntata.
Lontani da questi pensieri, per ora apprezziamo e godiamo di Stranger Things, che ci ha scaldato il cuore nel seguire le luci. Seguitele anche voi.
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