Venezia73: Pontecorvo e il restauro de La battaglia di Algeri

Venezia73: Pontecorvo e il restauro de La battaglia di Algeri

September 4, 2016 0 By Simone Tarditi

la-battaglia-di-algeri-locandinaAll’interno della sezione “Restauri”, La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo torna nelle sale del Lido cinquant’anni dopo il Leone d’oro conquistato dal regista nell’ormai lontano 1966. Presenti in sala la famiglia dei Pontecorvo (commovente il ricordo della moglie sul palco quando ha raccontato di quando Gillo era già soddisfatto del premio della critica internazionale, ancora all’oscuro di stare per vincere il premio più ambito al Lido) e l’attore del film, Yacef Saadi.

Ancora oggi i filmmaker di tutto il mondo studiano La battaglia di Algeri per la sua perfetta unione tra contesto socio-politico e dramma narrativo, ma anche per l’avanguardistica regia e un uso del montaggio avanti di un ventennio. Oltre a quell’assoluta vicinanza con i personaggi del film (da quelli principali alle semplici comparse), Pontecorvo ai tempi seppe volgere il suo sguardo su volti rovinati dalla povertà, dal lavoro, dalla fatica e dalla violenza, restituendoli e mostrandoli allo spettatore, che ancora oggi si sente come un nemico e un estraneo in un luogo così lontano dalla realtà occidentale, tanto dell’epoca quanto del presente. Eppure, nonostante ciò e senza andare a sfiorare toni profetici assolutamente fuorvianti, un capolavoro come La battaglia di Algeri è quanto mai attuale e “vicino” a noi. C’è un senso di profondo disagio nel vedere silenziosi guerriglieri algerini pronti in nome della rivoluzione a far saltare in aria bar, negozi e luoghi di ritrovo, come ce n’è altrettanto quando un camioncino bianco sfreccia tra le vie della città a mitragliare e investire decine di persone riportando alla mente quella terribile notte di Nizza.

In un mondo perennemente in difetto per le campagne coloniali degli scorsi secoli, i cui atroci abomini producono ancora effetti nefasti, l’importanza di un’opera come quella di Gillo Pontecorvo ci ricorda di quanto la morsa del terrore sia ancora più pericolosa dei singoli episodi di violenza. Lo stile documentaristico in rigoroso bianco e nero sgranato ci riporta all’epoca dei reportage di guerra (vedi anche Kapò, altro celebre film del regista) con una tale potenza da rimanere ingabbiati all’interno dei vicoli di Algeri, costantemente in fuga o in cerca di qualcosa/qualcuno, senza possibilità di salvezza. Dall’altro lato, il taglio cronachistico della narrazione annulla ogni divario tra eventi reali ed elementi di finzione, portando a compimento quella sintesi illusoria che solo il cinema è finora stato in grado di offrire.

Uno splendido restauro curato anche dalla Cineteca di Bologna ha reso ancor più straordinaria questa Mostra del Cinema di Venezia e ha reso possibile per i futuri cinefili di godere del film nella sua versione originale, priva di tagli e difetti, esattamente come quella sera del 1966 quando vinse il Leone d’oro.

battaglia di algeri

 

Simone Tarditi