Ben-Hur, un kolossal color arcobaleno

Ben-Hur, un kolossal color arcobaleno

September 30, 2016 0 By Simone Tarditi

ben-hur-2016-posterPochi mesi prima l’inizio delle riprese, Ben-Hur ha perso Tom Hiddleston e Gal Gadot, due nomi che da soli avrebbero risollevato le sorti del film al botteghino. Che non ci si debba affidare agli incassi di un film per darne una valutazione qualitativa è presto detto, ma le recensioni negative e la scarsa affluenza del pubblico nelle sale americane è sintomo di una probabile saturazione del mercato cinematografico in questi termini. La formula della riproposizione dello stesso materiale narrativo sembra non funzionare più, ma parallelamente la lezione sembra non essere imparata.

Il principale punto da evidenziare sul Ben-Hur targato 2016 è che non si tratta di un remake della pluripremiata versione del 1959 con Charlton Heston né tantomeno una rivisitazione dell’omonimo film muto del 1925, ma un -per quanto possibile- nuovo adattamento del romanzo del Generale Lew Wallace.

Spinti dalla necessità di non poter rifare quello che già era stato fatto e desiderosi di non stravolgere eccessivamente quello che è uno dei libri più venduti della storia, i realizzatori di quest’ultimo Ben-Hur hanno mantenuto integri gli episodi che tutti ricordano (la battaglia navale, la corsa delle bighe, la crocifissione di Cristo) e hanno focalizzato con più attenzione tutta quella serie di episodi narrativi che coinvolgono i due protagonisti della storia, Judah Ben-Hur e Messala, uniti da un’amicizia fraterna e poi disgiunti dall’odio salvo poi essere riuniti nella vendetta, un legame impossibile da inquadrare in una cornice sola. Una grande storia d’amore tra due uomini all’interno di un film con Gesù Cristo?Sì, ma non diciamolo troppo forte che poi al Vaticano ci sentono” avrebbe potuto essere stato il passaparola durante le riprese. Se si fosse intrapresa totalmente questa strada, il film avrebbe potuto essere visto sotto una totale nuova luce positiva e al passo coi tempi. Così non è stato, segno che l’argomento può essere abbozzato, ma guai trattarlo pienamente. Un peccato.

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Se vuole essere ricercato a tutti i costi un punto di forza nel film di Timur Bekmambetov, girato in larga parte a Roma e Matera, è qui che va rintracciato: nell’odio e nella vendetta come soluzioni impossibili. Certo, questo vuol forse dire allontanarsi da ciò che Ben-Hur era in parte (quella più interessante, se non altro) nelle pagine scritte da Wallace più di cent’anni fa. In tutto questo come collocare allora tutto l’impianto cristologico che nel 1959 era stato così predominante soprattutto nella seconda parte del film? Qui crolla quel poco che si può salvare: al di là di tutta quella serie di riferimenti visivi che rimandano alla crocifissione (Judah con un gioco tra collo e spalle oppure sdraiato sull’albero spezzato di una nave), di Gesù Cristo rimane pochissimo in Ben-Hur.

Procedendo a ritroso, si può notare quanto nei due film precedenti la presenza del Messia fosse stata gestita nel migliore dei modi, ovvero senza mostrare mai totalmente i suoi connotati facciali e inquadrandolo all’interno di un’aura sacrale che in qualche modo potesse farlo risaltare e staccarsi da tutte le persone attorno a lui, protagonisti compresi. Il Cristo interpretato da Rodrigo Santoro è invece spiattellato fin da subito e “incollato” qua e là all’interno del film senza cognizione di causa e senza che al suo percorso culminante sul Golgota restituisca allo spettatore un briciolo del significato della sua morte per la storia dell’Uomo.

A conti fatti cosa rimane quindi di Ben-Hur? Un tentativo a vuoto per ritornare a trattare una delle più famose storie di sempre e l’inutilità di certe scelte. Rimangono i ritardi nelle riprese, una CGI totalmente irrealistica, le cifre esorbitanti, i rasta di Morgan Freeman, una parabola color arcobaleno che mai come questa volta sfocia in una favola homo purtroppo poco credibile, la consapevolezza di averlo rifatto solo per poter girare coi mezzi cinematografici di oggi la celebre corsa delle bighe e non esserci riusciti neanche troppo bene, e titoli dei giornali come “E papa Francesco benedice il Gesù di ‘Ben-Hur’”. Un po’ poco, no?

Simone Tarditi