TFF34: A Quiet Passion, intervista ai produttori del film su Emily Dickinson

TFF34: A Quiet Passion, intervista ai produttori del film su Emily Dickinson

November 29, 2016 0 By Simone Tarditi

Sono state sold out tutte le proiezioni di A Quiet Passion durante il Torino Film Festival. Ve ne abbiamo già parlato e in attesa che esca nelle sale italiane (si spera in una distribuzione a partire dalla primavera del 2017), abbiamo incontrato Sol Papadopoulos e Roy Boulter, produttori del film. È metà mattinata, fa un discreto freddo, la coda fuori dal cinema Massimo si sta già attorcigliando su se stessa. Ci prendiamo un caffè nel bar lì di fianco e via con l’intervista.

Prima d’iniziare a parlare di “A Quiet Passion” vorrei sapere qualcosa su di voi e su come siete diventati produttori cinematografici. [Intanto arrivano i caffè, offre Vero Cinema]

Sol: Io e Roy arriviamo dal mondo della tv e dei documentari, abbiamo iniziato a lavorare insieme circa quindici anni fa, prima abbiamo fatto una scuola di cinema, e presto abbiamo sentito l’esigenza di fare veri e propri film e così, insieme ad altre persone di Liverpool, abbiamo cominciato a lavorare a piccoli film a basso budget. Nel 2008 abbiamo avuto l’opportunità di produrre uno di questi film e così ci siamo chiesti con quale regista collaborare, qualcuno di cui stimassimo il lavoro, e abbiamo pensato a Terence Davies. L’abbiamo cercato molto, siamo riusciti a telefonargli e ad incontrarlo e alla fine insieme abbiamo fatto Of Time and the City, una sorta di saggio poetico sulla città di Liverpool. Da lì poi abbiamo fatto con lui altri due film, Sunset Song e A Quiet Passion. In futuro ci piacerebbe lavorare anche con altri registi di questo calibro.

E state lavorando già a qualche nuovo progetto in questo momento?

Roy: Sì, abbiamo finito le riprese di un nuovo film, A Prayer Before Dawn, diretto da Jean-Stéphane Sauvaire, regista di Johnny Mad Dog che ha avuto molto successo nel circuito dei festival qualche anno fa. A Prayer Before Dawn è stato girato in Tailandia e parla di un detenuto che diventa un campione di boxe, una storia vera. Il protagonista è Joe Cole, un attore diventato famoso con Green Room e la serie tv Peaky Blinders. Lo stiamo montando a New York e probabilmente uscirà il prossimo anno.

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Invece com’è stato lavorare con Terence Davies. Come descrivereste il suo approccio alla regia?

Roy: Of Time and the City è stato il suo primo documentario e lui non pensava di essere all’altezza di un lavoro del genere, ma noi abbiamo sempre pensato fosse perfettamente in grado di farcela. E così è stato. In seguito gli abbiamo questo quali altri film avrebbe voluto fare perché lui è un regista che dirige solo quello a cui crede veramente, non lavora su commissione, e ci ha detto che i due progetti che aveva in mente erano quelli di Sunset Song e A Quiet Passion, a cui pensava da molto tempo. Così abbiamo iniziato a sviluppare entrambi i film contemporaneamente. Sunset Song era nella sua testa da circa dieci anni e addirittura era quasi riuscito a realizzarlo, ma poi la produzione si era sfaldata e non era più riuscito a dirigerlo. Quindi appena gli abbiamo detto che volevamo lavorare con lui dopo Of Time and the City, lui ha spinto a riportare in vita Sunset Song e noi siamo stati lieti di farlo. Il film che però ci è sempre interessato di più è A Quiet Passion perché sappiamo quanto Emily Dickinson sia importante per Terence Davies, che tutti gli anni rilegge le sue poesie. Appena entrambi i progetti sono partiti, lui ha cambiato alcune cose nella sceneggiatura di Sunset Song e contemporaneamente ha iniziato a scrivere quella per A Quiet Passion.

Sol: C’è stato un momento in cui abbiamo addirittura pensato che A Quiet Passion sarebbe uscito prima di Sunset Song, ma alla fine quest’ultimo è stato fatto per primo soprattutto perché iniziava ad esserci molto interesse attorno al film grazie anche al supporto della BFI e di BBC Scotland. Abbiamo girato gli interni in Lussemburgo, gli esterni in Scozia e Nuova Zelanda.

 Dove avete girato invece “A Quiet Passion”?

Sol: Tutti gli interni, che replicano la vera casa di Emily Dickinson -ora un museo- in Massachusetts, sono stati girati in uno studio in Belgio nell’arco di cinque settimane. Poi ci siamo spostati ad Amherst, Massachusetts, vicino a dove abitava la Dickinson, per girare gli esterni. Terence ovviamente aveva una sua visione del film, ma ha voluto comunque circondarsi di esperti della vita della poetessa, persone che lavorano per l’associazione che ne tutela la memoria e per la casa-museo, per rendere più realistico e credibile il suo film. Tutto ciò è stato molto utile soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più ironici e divertenti di Emily Dickinson, che non era una reclusa e non volevamo passasse solo questa immagine di lei in A Quiet Passion.

C’è una vicinanza tra la protagonista di “Sunset Song” ed Emily Dickinson in “A Quiet Passion”. Entrambe sono molto forti e decise nelle loro scelte, soprattutto se si pensa a com’erano le famiglie patriarcali in quell’epoca.

Roy: Sì, sicuramente. Ovviamente le storie sono molto diverse, ma entrambe le protagoniste incarnano dei valori comuni e un carattere molto simile.

Sol: Terence Davies è molto affascinato dalle forti figure femminili. Scrive delle ottime sceneggiature con protagoniste donne e credo sia dovuto alla sua storia personale perché è cresciuto in una famiglia molto numerosa, ha un grande ricordo delle sue sorelle e ne parla spesso con chiunque sia disposto ad ascoltare le sue storie [Ridono].

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E Cynthia Nixon è stata una scelta perfetta per interpretare Emily Dickinson, non solo perché assomiglia molto alla poetessa, ma soprattutto per il suo grande talento come attrice.

Roy: Molti anni fa Terence ha incontrato Cynthia ad un provino per un film che poi non è stato realizzato e quindi l’ha sempre avuta in mente anche senza aver mai visto Sex and the City perché lui non guarda la televisione. Sapeva che aveva molto successo, ma non aveva mai visto quella serie tv. Solo qualche tempo dopo, quando stava partendo il progetto di A Quiet Passion, ha visto qualche puntata e ha capito subito che sarebbe stata perfetta per quel ruolo, anche per via dei simili tratti fisici tra le due. Circa quattro anni fa lui e Cynthia si sono incontrati a New York, hanno discusso del ruolo che lei avrebbe interpretato e così è stata scritturata. Nessun’altra attrice è stata mai presa in considerazione per interpretare quel ruolo.

Sol: Cynthia è davvero straordinaria e questa è probabilmente la migliore performance della sua carriera. Il ruolo della vita. La cosa curiosa è che, solo dopo averla scritturata, abbiamo scoperto che lei è cresciuta ascoltando le poesie di Emily Dickinson perché sua madre aveva un vinile su cui erano incisi alcuni dei componimenti scritti dalla poetessa e così li ha sentiti più e più volte con grande partecipazione emotiva. Perciò, quando le abbiamo proposto il progetto per A Quiet Passion, ha accettato immediatamente senza neanche leggere la sceneggiatura. Una cosa che pochi sanno è che Terence Davies, nonostante sia sempre riconosciuto come grande regista, è anche un poeta e scrive benissimo, ha perfino pubblicato alcune delle sue poesie, ma non è una cosa di cui parla spesso.

Roy: Sì, è vero. In Of Time and the City abbiamo inserito tre delle sue poesie e il pubblico non si è quasi accorto che assieme ai famosi poeti che compaiono nei credits c’è anche il suo nome.

Sol: Nelle sue interviste, Terence dice sempre di non aver bisogno di una religione perché ha già le poesie di T. S. Eliot e quelle di Emily Dickinson.

 È stato molto difficile per Cynthia girare le scene di epilessia?

Sol: Cynthia ha dimostrato una dedizione al ruolo veramente totale. Quelle scene portano via un sacco di energie e nel film vediamo Emily Dickinson combattere con gli attacchi epilettici diverse volte. Abbiamo girato solo un paio di takes perché erano veramente impegnative per lei.

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Invece Keith Carradine, che interpreta il padre di Emily Dickinson, com’è entrato a far parte del cast?
Sol: Roy e Terence l’hanno incontrato a Los Angeles e hanno discusso del film insieme. Keith è una persona straordinaria e fa parte di una famiglia davvero talentuosa. Mentre giravamo il film in Belgio, lui si è preso tutto un weekend libero per far visita a suo fratello che vive a Vienna ed è un famoso architetto.

Per quanto riguarda il titolo del film, “A Quiet Passion”, che scelta avete operato? C’è una bellissima poesia di Emily Dickinson intitolata “This Quiet Dust”.    

Roy: Terence ha proposto e scelto fin dall’inizio questo titolo, addirittura da prima che scrivesse la sceneggiatura. È stato fin da subito il titolo che abbiamo scelto per il film.

Sol: [Ride] Abbiamo una diversa opinione sul titolo del film perché a me non fa impazzire, mentre Roy e Terence lo adorano.

Roy: Oh sì, mi piace moltissimo. Contiene in sé la contraddizione di una passione che è quieta, silenziosa, calma, qualcosa di molto particolare.

[A questo punto mi chiedono se il film avrà un titolo diverso quando uscirà in Italia. Non so dar loro una risposta perché non si sa neanche se e quando “A Quiet Passion” verrà distribuito nelle sale italiane, ma li conduco con me negli abissi dei titoli di film tradotti in maniera impropria e lontana dall’originale e mi rassicurano che  succede anche in altri paesi europei].

Per quanto riguarda tutto il lavoro di ricerca su Emily Dickinson come siete mossi? È stato difficile discernere tra le leggende che circolano su di lei e la verità?

Roy: Terence ha letto sei biografie su di lei prima di scrivere la sceneggiatura. Insieme abbiamo poi fatto un sopraluogo ad Amherst e in altri luoghi. Sono state fatte moltissime ricerche su di lei. Siamo andati anche ad Harvard dove sono conservate la maggior parte delle sue opere.

Sol: Sì, ad Harvard non sono conservate solo le sue poesie, ma anche le sue lettere. Emily Dickinson scriveva a moltissime persone.

Scriveva lettere solo ai parenti ed amici o anche a figure letterarie dell’epoca?

Sol: Aveva una fitta corrispondenza con numerose personalità dell’epoca, anche con scrittori e poeti. Si tratta soprattutto di figure considerate “minori”, che sono abbastanza conosciute in America, ma sconosciute nel resto del mondo. Ci sono delle lettere scambiate con Samuel Bowles, che dirigeva il The Springfield Republican, un giornale a tiratura nazionale, e ha pubblicato alcune sue poesie quando lei era ancora in vita. Quasi la totalità del suo corpus poetico è stato reso pubblico solo dopo la sua morte grazie ai suoi eredi.

Da un punto di vista tecnico, come avete fatto a realizzare la scena delle fotografie ai membri della famiglia Dickinson in cui tutti invecchiano progressivamente?

Sol: L’idea di questa graduale trasformazione di un’immagine in un’altra è venuta in mente dalla persona con meno competenze tecniche di tutto il gruppo di lavoro: proprio Terence Davies. Lui è un vero disastro quando si tratta di questioni tecnologiche, ma gli è venuta questa idea di usare le fotografie della famiglia Dickinson come punto del film nel quale mostrare il loro passare da un’età ad un’altra, il loro invecchiamento. Per fare ciò, ci siamo recati presso lo studio The Fridge a Bruxelles che si occupa di post-produzione. Lì hanno realizzato tutta quanta la trasformazione con i loro software e quello che vedi nel film è il loro risultato.

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Ci sono stati dei dipinti e dei disegni dell’epoca che hanno ispirato il lavoro di Terence Davies e del direttore della fotografia di “A Quiet Passion”?

Sol: Come ispirazione per le immagini di A Quiet Passion, Terence e il nostro direttore della fotografia Florian Hoffmeister hanno deciso che si sarebbero ispirati ai dipinti del pittore danese Hammershøi. Terence voleva che A Quiet Passion diventasse più buio e tetro man mano che procedeva la vita di Emily Dickinson e verso la fine del film è tutto davvero molto cupo. Emily era una grande appassionata di giardinaggio e tutta la sua stanza era piena di fiori, ma questi si riducono sempre di più durante il film e la sua vita.

È stato fatto un lavoro veramente lodevole anche per quanto riguarda i costumi.

Sol: Il merito è della fantastica Catherine Marchand, che è stata a capo del reparto costumi. Terence voleva che gli attori che interpretano la famiglia Dickinson sembrassero indossare quotidianamente quei vestiti, in modo tale che non sembrassero troppo nuovi, ma anzi consumati e realistici.

Qual è stato il momento più felice trascorso durante le riprese di “A Quiet Passion”?

Sol: Difficile dare una risposta. Sicuramente è stato meraviglioso il primo giorno che abbiamo visto com’erano stati replicati gli interni della vera casa di Emily Dickinson. Durante le riprese in Belgio, prima di andare in Massachusetts, un giorno Terence si è girato verso me e Roy e ha detto che quello era il momento più felice in quarant’anni che faceva cinema. La sua felicità è stata molto trascinante e travolgente e noi stessi, in qualità di produttori, non abbiamo potuto far altro che essere d’accordo con lui. Lavorare a questo film, sia per il cast sia per lo staff tecnico, è stata un’esperienza davvero edificante e formativa. Vogliamo ripeterla al più presto.

(Intervista condotta da Simone Tarditi presso il King’s Bar di Torino in data 19/11/2016)

Simone Tarditi