
Berlinale67, Logan e il tramonto di Wolverine
February 19, 2017Stati Uniti, anno 2029. Wolverine è invecchiato, beve superalcolici e si riempie di medicinali, c’è qualcosa che sta divorando dall’interno il suo corpo e che sta minando la sua psiche. La scoperta terribile di un’organizzazione che sta compiendo esperimenti su bambini creati in provetta costringerà il mutante a ritornare a lottare perché giustizia possa essere fatta.
Presentato fuori concorso alla Berlinale del 2017, Logan conduce il suo protagonista verso l’inevitabile tramonto a cui è destinato dopo le molte battaglie combattute sul grande schermo negli ultimi anni. È un saluto solenne e privo di retorica. Tutto il film sembra essere concepito per fare uscire dall’immagine dell’eroe con eccezionali abilità quella, nonostante tutto, di un uomo. Non è un caso che Logan faccia un utilizzo strettamente indispensabile di ciò che ha reso celebre il mutante (le scene d’azione non sono poi molte, ma di grande intrattenimento e impatto) per concentrarsi su ciò che invece l’ha reso grande e immortale per una schiera infinita di fan (prima dei fumetti e poi dei film), ovvero lo sua umanità.
Come se non bastassero gli scontri nel deserto, in un ranch e nella foresta, fortemente riconducibili all’epica del Vecchio West, viene fatto esplicito omaggio al genere quando i protagonisti di Logan si ritrovano in una stanza d’albergo a guardare Shane / Il cavaliere della valle solitaria (George Stevens, 1953), uno dei western per antonomasia. Nel film infatti, il protagonista interpretato da Alan Ladd interviene per risolvere una situazione ingiusta fatta di soprusi, violenza e asservimento in maniera del tutto simile a quella di Wolverine (Hugh Jackman).
Il regista James Mangold, che tra le altre cose aveva diretto anche il remake di Quel treno per Yuma, utilizza il tema delle abilità straordinarie, delle mutazioni, di uno Charles Xavier sempre meno lucido, dell’eterno conflitto tra Bene e Male per fare il suo vero film su Wolverine, rendendogli gloria e allo stesso tempo accompagnandolo per mano verso il tramonto. Nel fare ciò, come si è già detto, percorre la strada cinematografica del western, ibridizzandolo con elementi esterni ed apparentemente estranei al genere con un risultato notevole per gli standard del filone X-Men. Potrebbe non piacere agli amanti della confusione in CGI e dell’happy ending a tutti i costi, ma convincerà non solo gli affezionati di Wolverine, ma anche chi non ne ha seguito la gesta finora. Nelle sale italiane dal primo marzo 2017.
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