I congegni postmoderni di Nolan

I congegni postmoderni di Nolan

August 4, 2017 0 By Francesca Sordini

Di che cosa parliamo, quando parliamo del cinema di Nolan? Giacché è necessario porsi questa domanda, in vista dell’arrivo di Dunkirk nei cinema italiani, il prossimo 31 agosto.

I film di Nolan sono complessi, di una complessità straordinaria, anche nella costruzione dei meccanismi, cosa che rende il risultato finale un congegno quasi sempre perfetto in ogni sua parte. Questo è vero sia a livello di scelte narrative che sul piano, più ampio, della costruzione di storie, che lo spettatore sa essere edificate sopra piani temporali che si intersecano, oppure su scatole cinesi oniriche che si aprono man mano. Nel web è pieno di immagini e schemi esemplificativi che vogliono spiegare allo spettatore disorientato Inception o Memento.

In virtù di questo, se è vero che il postmoderno è il mondo della frammentarietà, allora Nolan è il primo regista postmoderno: egli disarticola i piani temporali ad esempio di Memento, in un collage la cui ricostruzione è totalmente affidata allo spettatore.

Postmoderno fu anche il suo supereroe, affetto da paturnie varie e qualche acciacco. Il suo cattivo più mirabile è d’altronde un pazzo psicopatico che sfida le convenzioni sociali, anche – e soprattutto – quelle che regolano il codice di comportamento dei cattivi. Un villain fuori dagli schemi che prende gli schemi della modernità – le convenzioni sociali appunto – e le distrugge una per una.

Un altro esempio ancora: quando Cooper parte alla volta dell’universo per trovare scampo alla progressiva desertificazione terrestre, lo fa con attrezzature consunte e rovinate. Il suo viaggio, lontano dai viaggi di conquista del Novecento, è venato da una profondissima malinconia: invece di atterrare su nuovi pianeti, forse era meglio rimanere a Terra e vedere quest’ultima sprofondare.

Alla luce di tutto questo, come è pensabile raccontare una guerra in modo postmoderno? Non è detto che Nolan rimarrà fedele a questa linea. Noi postmoderni, che con la guerra abbiamo poco a che fare non avendola vissuta, o avendola vissuta solo marginalmente, non siamo in grado di gestire un evento storico dalla portata epocale come quello di Dunkirk. Non si tratta solo il tentativo di trasporre un evento storico su grande schermo: questo s’è sempre fatto. Bisogna chiedersi come si può conciliare la visione d’orizzonti di Dunkirk, che racconta la battaglia di una guerra di difesa e di conquista e che è stata la nostra grande narrazione del Novecento, con lo stile narrativo nolaniano. Chissà che Nolan non ci stupirà ancora.

Francesca Sordini
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