Venezia74: Foxtrot, la danza macabra del destino

Venezia74: Foxtrot, la danza macabra del destino

September 6, 2017 0 By Mariangela Martelli

foxtrot posterFoxtrot è il nuovo film di Samuel Maoz presentato in concorso in questa 74esima mostra del cinema di Venezia. Il regista israeliano si è fatto conoscere e apprezzare già con la sua opera prima Lebanon, vincitrice del Leone d’oro nell’edizione del 2009.
Foxtrot rievoca Il settimo sigillo di Bergman e la leggenda de Le mille e una notte in cui un servo è costretto a fare i conti con la morte che l’attende nonostante faccia di tutto per fuggirle. Conosciamo subito la tragedia piombata nella famiglia Feldman, un padre e una madre devastati dalla notizia della morte del loro primogenito Jonathan (Yonatan Shiray) arruolato come soldato e caduto in guerra. Il padre (Lior Ashkenazi) rielabora a modo suo il lutto, mentre il silenzio viene spezzato dalla sveglia che ogni ora gli ricorda di bere un bicchiere d’acqua (ordine impartitogli dai soldati/messaggeri). La macchina da presa segue il brancolare del padre Michael nelle stanze vuote dell’appartamento, le inquadrature sono spesso basse, ancorate ai piedi sul pavimento. La luce grigia sospende il tempo in un’attesa che sembra galleggiare tra i vetri del salotto e il corridoio (un inevitabile parallelo con la fotografia alla Nostalghia di Tarkovskij). Importante il ruolo delle presenze femminili all’interno della vicenda: dalla madre di Michael che rispondendogli in tedesco sembra allargare la voragine della loro incomunicabilità, alla moglie Dafna (Sarah Adler) che rimane in uno stato tra l’intorpedimento/euforia indottole dai sedativi.
Un’angoscia claustrofobica, che non fa respirare, opprime la prima parte del film. La reazione al dolore dell’anima si ripercuote anche a livello fisico: in uno sfogo autolesionista che unisce il dramma dei due genitori in una ferita pulsante aperta verso l’idea di una sepoltura senza corpo.
Domande che non trovano risposta, come la ricerca di credere in qualcosa che possa salvare chi rimane. Il monologo del soldato/compagno del figlio riguardo l’organizzazione del funerale ha qualcosa di paradossale, da black comedy e getta il padre in uno stato di profonda assenza.
È possibile capovolgere gli eventi, che si tratti di un errore? La narrazione continua nella seconda parte, svolgendosi su due livelli alternati: dopo le stanze claustrofobiche ci spostiamo agli esterni del deserto, lungo la frontiera del check/ point dove quattro ragazzi soldato hanno il compito di controllare chi passa dall’altra parte.
Anche in questo non/luogo il tempo è statico ma si cerca di combatterlo improvvisando un Foxtrot mentre si abbraccia il fucile, in mancanza di una partner con cui ballare. Le scatole di carne rotolano nell’alloggio/container in bilico su una pozza di fango: come esistenze inclinate che consapevoli di sprofondare da un momento all’altro, ingannano le ore raccontandosi aneddoti di famiglia. In tutto questo trova spazio anche una bibbia tramandata da generazioni per poi essere sostituita da un numero di playboy, spezzando così la catena con gli avi per volere del padre: la storia della buonanotte è finita, adesso c’è una pin-up in copertina. Basta un attimo per scambiare una lattina per una granata, contrapponendo la velocità con la lentezza di un dettaglio. Gli sguardi di due sconosciuti, la pioggia o la stoffa del vestito incastrata nella portiera sono delle sensazioni che preannunciano una lacerazione concreta, tra la melma e l’acqua stagnante delle pozzanghere. Lo strappo continua nella parte finale di Foxtrot, nel terzo atto di questa tragedia: dall’ultimo disegno del quaderno del figlio alle “scene da un matrimonio” ridotte a frammenti da chissà quanto. Il destino ha sempre il sopravvento e la capacità di far accadere eventi inaspettati: è ancora possibile (e necessario) improvvisare i passi di un fox-trot, meglio se appoggiandosi a qualcuno con gli stessi tagli nell’anima. Il regista Maoz ha avuto l’ispirazione da un evento realmente accaduto alla figlia, sempre in ritardo per la scuola: è riuscita a perdere l’autobus che poi è saltato in aria a causa di una bomba a bordo, confermando che molto spesso le cose accadono quando ci troviamo (o no) nel posto sbagliato al momento sbagliato. Foxtrot è il celebre ballo ed il concetto alla base di questo gioiello cinematografico: non è importante dove si sta andando, perché i passi finiscono sempre al punto di partenza, ogni evento può trasformarsi in una danza macabra con cui i protagonisti compiono i loro passi sfidando il destino.

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Mariangela Martelli