Venezia74: The Taste of Rice Flower, si è madri e figlie una volta sola

Venezia74: The Taste of Rice Flower, si è madri e figlie una volta sola

September 8, 2017 0 By Angelica Lorenzon

the taste of rice flower poster

Dopo due anni dalla presentazione della sua opera prima Underground Fragrance, Pengfei ritorna nella laguna veneziana nella sezione Giornate degli Autori con The Taste of Rice Flower. Se la sua prima pellicola si concentrava sul lavoro in città di una giovane che viveva nel sottosuolo di Pechino, questa volta la protagonista Ye Nan fugge dal caos della metropoli per tornare nella città dove è nata e cresciuta, sotto il tetto del padre in un piccolo villaggio di campagna. Oltre ad incontrare le malelingue dei vicini che spettegolano sul suo presunto divorzio, incontra anche la figlioletta Nan Hang che lasciò in tenera età per andare in città per guadagnare abbastanza soldi per garantirle un futuro. Ma i troppi anni di distacco fra le due si fanno sentire ed è difficile per la madre riconciliarsi con la figlia che non mostra alcuna cura zia delle buone maniere, rubando in paese, snobbando gli studi e disobbedendo continuamente (addirittura una notte di nascosto lascia la casa per andare in un salone di videogiochi, nonostante la minor età).
La vita di campagna è decisamente differente da quella di città e l’educazione impartita alla piccola Nan Hang non è ciò che la madre si aspettava per lei. Anche un gesto che può sembrare insignificante come gettare i gusci delle noci fuori dal finestrino della macchina, attitudine che non reca disturbo in quell’ambiente, per Ye Nan, abituata al decoro ed alla compostezza formale della metropoli, è inaccettabile. Anche la noncuranza per lo studio e l’ossessione per i videogiochi sono fuori questione per la madre che per anni si è prodigata a lavorare per permettere un giorno alla figlia di unirsi a lei in città, nella speranza che potesse studiare in una degna università.

Ma in un luogo dove la tradizione lotta costantemente con la modernità di una Cina in continua metamorfosi, questi elementi contrastanti faticano a trovare un equilibrio.
Vi è però un’evidente difficoltà nello sradicare le abitudini di chi ha vissuto per molti anni nella campagna col pericolo che, una volta giunti in città, non riescano ad adattarsi facilmente allo stile di vita cosmopolita.

Gli abitanti del villaggio rispettano ancora le usanze di un tempo, come i festival dell’acqua, con le loro danze caratteristiche, e la venerazione degli dei. Le nuove generazioni però sono attratti da ben altre attività, sicuramente più frivoli agli occhi di un adulto, ma comunque appartenenti ad un altro universo sociale. È interessante riflettere su come l’aspetto folkloristico, che altro non è che il cuore pulsante di un villaggio fondato dalle minoranze etniche, divenga nella realtà attuale uno strumento d’intrattenimento per i turisti. Con ciò il regista vuole evidenziare sì il netto distacco fra chi la tradizione la vive sulla propria pelle e chi la veste solo per gioco, ma desidera anche che venga applicato un certo rispetto nei riguardi delle usanze del posto, evitando di sminuirne il proprio valore. D’altronde spesso le tradizioni sono sottovalutate e le novità sopravvalutate.
Per un occhio attento è facile cogliere frammenti dello stile di Tsai Ming-Liang, acclamato regista controverso che ha fortemente condizionato Pengfei (col quale ha lavorato per molto tempo), come anche la tecnica di caratterizzazione dei personaggi del cinema di Yasujiro Ozu, altra fonte d’ispirazione dell’emergente regista cinese.
La scelta di adottare inquadrature claustrofobiche, strette sui volti delle due protagoniste, in assenza di dialogo, evidenzia come esse abbiano molto da dirsi ma non sappiano minimamente come fare. C’è una sensibilissima premura nell’osservare e seguire la madre e la figlia in questi campi lunghi, con piani sequenza resi vivi dall’accesa saturazione dell’immagine. Il regista ha a cuore le sue figure femminili e vuole immortalarne la bellezza nei loro abiti variopinti che contrastano con l’assenza di luce nel finale, in un gioco d’ombre danzanti.

Sicuramente in un panorama cinematografico come quello cinese, più dedito ad andare incontro alla massa scalpitante per il cinema hollywoodiano, il mondo di Pengfei dal background strettamente autoriale ha bisogno di una marcia in più per emergere, ma dal canto suo il regista vanta una certa esperienza sul campo a fianco di una grande figura come Tsai Ming-Liang ed un vasto amore per la sua professione e per il suo paese, un talento emergente da osservare con attenzione con la nostra lente d’ingrandimento.

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