
Venezia74: Jia Nian Hua, il dramma di essere donne nella Cina odierna
September 9, 2017Mia, clandestina senza documenti, lavora in nero in un motel ed è l’unica testimone dello stupro di due bambine avvenuto in una delle stanze. L’indomani la polizia arriva ad investigare ma, per non perdere il lavoro, nega di aver assistito al dramma. Da lì in avanti Mia e Wen, una delle vittime (di soli dodici anni) attraverseranno gli orrori conseguenti di quella tragedia.
Questo è un breve riassunto di Jia Nian Hua (Angels wear White), film di Vivian Qu in concorso a Venezia74. La regista cinese, in questo suo secondo lungometraggio, si sofferma sull’essere una donna nella Cina odierna, tema che affronta con estrema delicatezza tanto da oscurare lo stupro perché non è necessario mostrare la brutalità dell’atto per coglierne la tragedia.
Tre sono le generazioni coinvolte: l’infanzia rappresentata da Wen, l’adolescenza della receptionist Mia e l’età adulta personificata dalla figura della madre della vittima. Tre generazioni, tre modi diversi di reagire ed affrontare la vita, eppure tre voci che non vengono minimamente ascoltate. La donna viene ridimensionata e strumentalizzata in quanto oggetto del desiderio, non è nulla di più di un’icona di bellezza, metafora che si può cogliere dalla mastodontica statua di Marilyn Monroe che spesso viene mostrata nella pellicola nell’iconica posa col vestito bianco del film Quando la moglie è in vacanza. È l’uomo il solo a detenere il potere, che sia un agente di polizia, il gestore di un motel od il carnefice dello stupro, è solo la loro parola ad avere il diritto di essere ascoltata.
La colpa ricade sempre sulla figura femminile. Attiri l’attenzione maschile? Allora getta via i tuoi vestiti e tagliati i capelli! Ecco l’unico rimedio per evitare “incidenti”, come se le vere colpevoli fossero le vittime stesse poichè donne. Sfigurare la femminilità è un atto tanto crudele quanto futile perché non è di certo così che si risolvono i problemi, eppure è la mentalità ristretta e misogina che regna nella Cina dei giorni nostri (e non solo lì). Alle protagoniste non resta che mentire, scappare, fuggire dalla loro realtà fatta di negazioni e limiti, rifugiarsi nel loro silenzio rinunciando ad ogni speranza ed ad una giustizia che non sembra porger loro la mano. Vivian Qu con Jia Nian Hua lancia un grido d’aiuto, una richiesta di soccorso e di ascolto verso un’umanità spesso cieca e non curante della deturpazione della figura femminile. Questa pellicola è un vero e proprio invito a prestare maggior sensibilità nei riguardi delle giovani vittime di violenze, perché c’è un urgente bisogno di cambiare questo mondo. Non possiamo voltare le spalle e fingere di non vedere e sentire, dobbiamo essere coraggiosi e giusti. Vivian Qu dipinge un quadro fatto di squallore e rassegnazione, abbellito da un finale che pare avere un briciolo di ottimismo in mezzo a tanto dolore.
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