Smetto Quando Voglio – Ad Honorem, tra esigenze produttive e narrative

Smetto Quando Voglio – Ad Honorem, tra esigenze produttive e narrative

December 4, 2017 0 By Gabriele Barducci

smetto quando voglio posterEra stato accennato, poi realizzato e mandato nelle sale cinematografiche: Smetto Quando Voglio avrebbe avuto una sequel che si sarebbe composto di due capitoli, rispettivamente Masterclass e questo Ad Honorem.
Smetto Quando Voglio – Masterclass è arrivato nelle nostre sale nel febbraio di quest’anno. La critica lo ha accolto bene, il boxoffice è stato invece meno generoso del dovuto ma non disastroso. Forse la comunicazione o la visione di un prodotto di natura incompleto che lasciava nel finale un corposo cliffhanger non era di forte entusiasmo per lo spettatore, ma tolte queste piccolezze, quella che ora è la conclusione effettiva della trilogia di Smetto Quando Voglio, con i giusti espedienti per rendere retroattivi i primi due capitoli al fine di completare il quadro del terzo, la miglior analisi che si può affrontare è nella sua natura sia narrativa che produttiva.

Dal lato narrativo, c’è ben poco da dire (abbiamo visto il film già da più di quindici giorni ma ci siamo riservati la pubblicazione post uscita così da scrivere liberamente di alcuni aspetti): con la minaccia di uccidere centinaia di persone dentro l’aula magna de La Sapienza per rivalsa personale, il Walter Mercurio di Luigi Lo Cascio si vedrà sventare il piano dalla banda di Pietro Zinni e i suoi soliti collaboratori, ex compagni di spaccio e ancor prima, tutti ricercatori italiani.
“Le migliori menti d’Italia” rammenta sempre Edoardo Leo, ma ogni volta sembra che nessuno riconosca il vero talento di questa squadra di scapestrati. Forse salvare l’università, la stessa che li ha cacciati in mezzo ad una strada, può cambiare le cose oppure no.
Come già in Masterclass, anche Ad Honorem pecca di una sceneggiatura che non sempre è chiara nelle sue intenzioni, causa alcuni svarioni, dimenticanze o focus su elementi di trama eccessivamente inutili (come il Bartolomeo di Libero de Rienzo che per sbaglio ingoia una gomma da masticare e per metà film assilla i suoi compagni con atteggiamenti prossimi alla morte: inizialmente simpatici, poi diventano ridondanti e stucchevoli). Un elemento o una mancanza che se in Masterclass quasi riusciva a nascondersi, grazie ad una gran varietà di passaggi narrativi e situazioni divertenti che ti portavano a trascurare questi piccoli elementi, qui avviene il contrario, con una narrazione asciutta e povera che mostra in scena due soli atti distinti, la fuga e l’attentato, smascherando ogni debolezza del film. Ci sono i punti forti (Walter Mercurio), i punti sfruttati male (il ritorno di Murena) e quelli sempre usati bene (Pietro Zinni, meno la banda).
Grande perplessità anche attorno al finale che, senza nessuna voglia di annunciare un quarto capitolo, lascia tante, troppe storie secondarie aperte, senza una chiusura così da far quadrare il destino di ogni personaggio. Non è propriamente un difetto, infatti il terzo capitolo chiude con un gradevole gusto generazionale, si allontana da un film di ipotetica critica (anche se di fondo, una critica bella forse alle Istituzioni c’è) per abbracciare il gusto situazionale di un conflitto eterno, quello tra (ex) studenti ed università. Un amore odio tramutato in un film, anzi tre.

smetto quando voglio 2

Da un lato prettamente produttivo, il film è quanto di più riuscito si potesse immaginare.
Con quel gusto di continuità con cui sono stati costruiti Matrix Reloaded e Revolution o anche il secondo e il terzo capitolo di Pirati dei Caraibi, Masterclass e Ad Honorem è quella risposta totalmente nostrana alla lecita domanda: ma in Italia non si potrebbe creare un prodotto simile? Smetto Quando Voglio trilogia è la risposta, in salsa di commedia, anche pop, anche fuori dagli schemi con una color correction che riconosceremmo tra mille, ma è stata una risposta concreta, la realizzazione di un pacchetto che si potrebbe vendere facilmente da noi come nel resto d’Europa.
Quello che manca da noi è la serializzazione sia produttiva che narrativa di film di successo, spiragli narrativi permettendo. Non parliamo di catene di montaggio quali un Vacanze di Natale e compagnia bella, ma la necessità di creare un’industria forte.
Narrativamente ancora non ci siamo. Come struttura già siamo indirizzati meglio.

Gabriele Barducci
Latest posts by Gabriele Barducci (see all)