La realtà effimera ne La ruota delle meraviglie

La realtà effimera ne La ruota delle meraviglie

December 29, 2017 0 By Simone Tarditi

Gli si vuole tanto bene come a un maestro di vita che si spera eterno, ma la filmografia di Woody Allen è altalenante. A film straordinari si alternano film non altrettanto memorabili, ma da un ormai ottantaduenne con una cinquantina di pellicole all’attivo non si può pretendere il miracolo ogni singola volta. Andando a ritroso, Irrational Man aveva ben più convinto dello sfilacciato Café Society e se la mini-serie tv Crisis in Six Scenes era contemporaneamente deliziosa e un poco ammuffita perlomeno aveva dato inizio al legame tra il regista e gli Amazon Studios che, compiendo un salto al 2018, si occuperanno della distribuzione di A Rainy Day in New York, nuovo lavoro di Allen.

Perciò, dove collocare Wonder Wheel – La ruota delle meraviglie? Risposta semplice, tra i film riusciti. Melodrammone classico che vede ruotare le vicende di Ginny (Kate Winslet), ex attrice di modesta fama ora cameriera quarantenne come in Mildred Pierce, lo scrittore-bagnino (Justin Timberlake), lo scorbutico giostraio Humpty (Jim Belushi) e sua figlia, ricercata dalla mafia, Carolina (Juno Temple).

Tradimenti, gelosia, sogni infranti. Wonder Wheel – La ruota delle meraviglie racconta una realtà immaginaria dove non c’è nulla di concreto a partire proprio dalla location del film, la Coney Island del 1950 (il riferimento cronologico è fornito dalla locandina cinematografica del western di Anthony Mann Winchester ’73 con protagonista James Stewart, eroe della Seconda Guerra Mondiale come Mickey, almeno agli occhi di Carolina e Ginny).

Il divertimentificio peninsulare alla fine di Brooklyn non è più quello degli anni ’20 e della jazz age, ma ormai un posto di ritrovo per famiglie nel weekend (la spiaggia) e un luogo (il luna park) dove potersi svagare a poco prezzo con dello zucchero filato, un giro sulla ruota panoramica che dà il titolo al film, un piatto di ostriche, un ice-cream, l’autoscontro, il tiro a segno, …

Un mondo effimero, irreale, dove in molti trovano rifugio dal tran-tran quotidiano, ma da cui Ginny cerca mentalmente di evadere immaginando una vita a Bora Bora assieme a Mickey, tombeur de femmes e seduttore di prima categoria, e rievocando gli anni (finiti per sempre) trascorsi in tournée teatrali. Suo figlio piromane sembra aver preso da lei perché quando non è impegnato ad appiccare incendi o marinare la scuola si rifugia al cinema. Wonder Wheel – La ruota delle meraviglie, sempre all’interno di questa invenzione narrativa che confonde i piani della finzione, volutamente depista lo spettatore quando le vicende della sceneggiatura di Allen si mascherano dietro quelle scritte da Mickey, il paroliere da lui inventato e che rompe la quarta parete in più di un’occasione nel rivolgersi al pubblico.

la ruota delle meraviglie juno temple

Infine, due parole sulla fotografia del film. Consolidata la collaborazione con Woody Allen da un film a questa parte e sembra anche per i successivi, Vittorio Storaro (romano e tre volte premio Oscar) allestisce un’architettura di luci che sembrano fuoriuscire da una dimensione altra. I colori, perlopiù rosso e blu, scandiscono l’umore e gli stati d’animo dei personaggi in un variare costante, mai uguale. Luci innaturali, provenienti da angolazioni impossibili, che fanno ardere i capelli di Carolina e Ginny, che congelano algidamente i loro visi. Se, sì, alla fine si tratta sempre del solito film di Woody Allen con poche variazioni, sul lato visivo non si può dire la stessa cosa perché da un punto di vista estetico Wonder Wheel – La ruota delle meraviglie costituisce un unicum nella sua filmografia.

Sicuramente aiutato dal digitale (questo è il secondo film di Allen, dopo Café Society, a non essere girato in pellicola), Storaro dipinge volti come pochi altri. Tra tutte, vale la pena citare la scena in cui Carolina e Mickey vanno alla pizzeria Capri e negli occhi di lui (vittima di un colpo di fulmine) si riflette un’impossibile costellazione di luci come a simboleggiare quello spaesamento spaziale di chi s’innamora e non capisce più niente. Per Ginny, nonostante la relazione fedifraga, non ha lo stesso sguardo.

Wonder Wheel – La ruota delle meraviglie, a differenza di molti titoli del regista, è un film in cui si respira un’idea di America per quello che è, una nazione disomogenea unita insieme dal duro lavoro delle classi subalterne, il baseball, gli hot-dog, il rispetto per chi ha combattuto la guerra e la bandiera a stelle e strisce, appesa in un locale o sventolante in giardino. E per quello che è un popolo dedito a piaceri semplici e dominato da nevrosi non c’è speranza più grande di quella di un futuro diverso, alternativo dove poter pensare di vivere veramente prima di trovare la pace dei sensi e accettare chi si è diventati. Nel bene e nel male.

Woody Allen Vittorio Storaro

Woody Allen e Vittorio Storaro durante le riprese del film.

Simone Tarditi