
The Greatest Showman non è La La Land, ma non cerca di esserlo
January 3, 2018Tendenzialmente internet crea il problema e al tempo stesso, trova anche la soluzione ad esso.
The Greatest Showman, musical con Hugh Jackman, Zach Efron e Michelle Williams nelle sale di tutto il mondo ha messo alla luce lo zoccolo duro di critica e pubblico generalista: se il film è stato salutato dalla stampa come un ottimo musical pop, pieno di brio e sentimenti spiccioli, qualcuno nella folla ha deciso di alzare la mano e prendere parola: “sì, ma non è bello come La La Land“.
Ci siamo, nuovamente, caduti nella trappola del paragone. Giustamente si esorta, per chi non lo aveva visto durante l’estate del 2016 a Venezia, si è partiti nel 2017 con La La Land, mentre il il 2018 è partito con The Greatest Showman che, sì è bello ma, ma non è La La Land.
Quella stessa sensazione con cui ci si avvicina a qualcosa con il pregiudizio globale che qualunque musical da febbraio 2017 in poi dovrà sempre fare i conti con uno dei musical più innovativi degli ultimi anni, ne siamo convinti e in parte è anche giusto, ma la storia ci insegna che per quanto puoi portare in alto il livello qualitativo di un determinato prodotto d’intrattenimento (Il Cavaliere Oscuro) ci sarà sempre occasione e modo di fare sempre di peggio (Thor Ragnarok). Quindi, esattamente, cosa è The Greatest Showman? Un musical che cerca di essere tale, nella sua più semplicistica formula cinematografica, essere fuori di testa, presentare sentimenti facili, una storia di morale, basata su storia vera che punta il riflettore solo sullo spettacolo, omettendo volutamente ogni forma di racconto raffinato.
Se proprio di show business si parla, The Greatest Showman business crea. La La Land è altro, è vero cinema, viaggia su binari da troppo tempo impolverati e quindi Chazelle, che conosce ampiamente musica, ritmo e tempi narrativi, ne approfitta per mettere tutto se stesso, come Whiplash, opera raffinata, personale, meno per le masse.
The Greatest Showman invece punta ad un’evoluzione di quel High School Musical con cui lo stesso Zac Efron è uscito, attore disastroso (vedi il recente Baywatch), ma se deve completare la recitazione con il canto e il ballo, allora qualcosa funziona, allora c’è la voglia di prendere alla gola facilmente lo spettatore con uno smielato uso di CGI per aiutare i colori e i costumi del film, gli assoli per il rispetto della diversità, la storia d’amore che nasce, cresce, evolve e si fortifica, la fotografia di un tempo che viveva di forti pregiudizi, abbattuti proprio da questa formula voyeuristica: guardare, ridere e schernire il diverso il quale con un riflettore sopra la testa diventa improvvisamente star.
Molti hanno riportato un passaggio chiave del film: un critico teatrale distrugge ogni spettacolo che porta la firma del P.T. Barnum di Hugh Jackman (storia realmente accaduta, eh! Certo romanzata ai fini cinematografici), che prontamente si sente rispondere: “un critico teatrale che non si diverte a teatro. Chi è l’imbroglione?”.
Cercando la difesa facile, il film è tutto qui, ed è innegabile che abbia una forza con cui ci si lascia facilmente trascinare.
Però se continuerete a mettere a confronto ogni musical con La La Land, allora dedicatevi ad altri hobby.
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