Altered Carbon, il cyberpunk griffato Netflix

Altered Carbon, il cyberpunk griffato Netflix

January 31, 2018 0 By Gabriele Barducci

altered carbon posterOgni tanto, nelle nostre chiacchiere redazionali, esce fuori il discorso sul come sia difficile fare fantascienza al giorno d’oggi perché, per quanto ne puoi inventare o scrivere sopra, gli stilemi classici sono quelli, quindi è sempre presente quel senso di eterno déjà-vu per cui lo spettatore deve chiudere un occhio nel cercare l’originalità. Al massimo questa può venire filtrata attraverso un ramo narrativo inserito come sotto genere: il distopico, il mistery, l’azione, o l’indagine.
Altered Carbon vive esattamente di questo piccolo inconveniente nel suo presentarsi al pubblico. Già nelle prime puntate, oltre il classico pilot, quelle dove la serie si gioca tutto per attirare l’attenzione del grande pubblico, la serie si mette le catene da sola, proponendo un lunghe, lunghissime cinque puntate di chiacchiere. Tutti concetti che avranno modo di giustificarsi nella seconda parte della serie, ma che ad un primo approccio distolgono più volte l’attenzione.

C’è da dire che Altered Carbon è una notevole boccata d’aria per il colosso dello streaming. Con tutto il catalogo in mano, la serie si presenta come quella più ispirata esteticamente, violenta, sanguinolenta, estrema e seguendo lo stesso format del Game of Thrones di HBO, piena di nudi integrali. Piccoli elementi che sono a testimonianza di voler fare un prodotto diverso, ambizioso, ricco e senza filtri.

Altered Carbon quindi per tenere alta l’attenzione e per sfaccettare il concetto di fantascienza cyberpunk, ci parla di un futuro dove il genere umano è riuscito a bypassare la morte grazie a delle pile, installate alla base della nuca, dove la coscienza e i ricordi di ognuno vengono immagazzinati. Nel momento in cui il corpo (o custodia) viene a morire, la pila può essere installata in un’altra custodia. Chiaramente questa rivoluzione ha un costo e si mostra nella grande dissonanza sociale tra ricchi e poveri: i primi saranno sempre privilegiati con custodie giovani ed efficienti, i secondi dovranno lottare per ottenere le custodie di terza categoria, che non sono mai assicurate. In questa realtà si inserisce il plurimiliardario Laurens Bancroft (James Purefoy) che ingaggia il mercenario Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman) per indagare sul proprio assassinio. Lo stesso Takeshi (nome orientale per viso occidentale) si troverà la propria pila impiantata in un corpo non suo e dovrà cercare di rimettere in sesto il suo passato come utilizzare al meglio la nuova custodia.

altered carbon 1

Dicevamo la prolissità iniziale dell’opera. Si parla, tanto, troppo, infarcendo lo spettatore di nozioni di una fantascienza che già conosce e che non concede nulla più, questo perché l’elemento di vero interesse, l’indagine, viene subito accennato per poi lasciato a riposare per ben cinque puntate, tempo che la serie si prende per raccontarci il passato del nostro protagonista in un’introduzione troppo lunga e di poco interesse. Poi c’è un cambio drastico, tangibile, premeditato: dalla sesta puntata in poi la serie cambia marcia, si comincia seriamente a indagare e quindi a conoscere usi e costumi di Bay City, dei loschi traffici di custodie, come di bordelli per persone ormai annoiate dalla vita senza più un limite di fine. I tanti personaggi introdotti trovano il loro spazio e la loro giustificazione per portare a galla diversi problemi etici e religiosi – si può parlare ancora di anima? Dio ormai è un concetto surclassato?

Proprio in questa seconda parte della stagione, Altered Carbon mostra tutte le sue potenzialità finora inespresse e quasi ci si chiede il perché ci abbia messo così tanto a mostrare i denti.
La serie quindi spinge l’acceleratore sul mistero, sulla facciate di una società di borghesi ricchi e considerati divinità che nascondo un marcio inqualificabile che metterà in moto diversi momenti dove veramente si percepisce un generale pessimismo per un’umanità che si è autoinflitta una pena eterna, un limbo di non morte dove non poter più uscire, vivere come fantocci vaganti trasportati da una pila grande quanto un biscotto.

Il prodotto nella sua complessità quindi supera la prova, sia per l’audacia che per come dimostra di avere importati assi nella manica (su questo concetto del cambio di custodia, la serie presenterà sicuramente un cambio totale di casting per ogni stagione) e per il futuro ci aspettiamo un partenza migliore.

Gabriele Barducci
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