Tokyo Ghoul, trattato sociologico sul rapporto con il cibo

Tokyo Ghoul, trattato sociologico sul rapporto con il cibo

March 7, 2018 0 By Gabriele Barducci

tokyo ghoul vero cinemaCapita un po’ per caso, di vedere un servizio sull’anoressia e psicologia spicciola dietro ogni ragazza che decideva di ripudiare ogni forma di cibo e liquidi. Poi su gentile concessione della Nexo Digital ci arriva lo screener di Tokyo Ghoul, film in live action basato sull’omonimo manga, al cinema il 6 e il 7 marzo, che sommariamente, sembra proprio rispecchiare questo disturbo alimentare, inserendo in una salsa kitsch/platter/horror.
Una precisazione è dovuta: nonostante una gioventù passata tra manga e anime, ora l’interesse a questo genere di prodotti è sceso a circa 3%, motivo per cui la visione di questo film è avvenuta senza nessun filtro di amante o conoscitore dell’opera originale. Come sempre qui, si guarda l’opera cinematografica, tenendo in considerazione il giusto dell’opera originale.

Tokyo Ghoul quindi, ad una trama semplicistica – un ragazzo diventa improvvisamente ghoul, esseri simili agli umani con la differenza che questi si possono cibare solo di carne umana – forse sembra nascondere qualcosina di più.

C’è da dire anche che il film è sufficientemente godibile, peccando nel ritmo narrativo, come in alcuni risvolti di sceneggiatura, mentre risulta visivamente accattivante e ispiratissimo, con un’interessante focus sui colori più scuri e caldi – nero e rosso.
Il film sente tutti i suoi 120 minuti di durata, in particolare nella prima parte, o prima ora, dove ad un’iniziale noia, ha fatto strada una considerazione del tutto personale: quindi il nostro protagonista, torna a casa dopo lo scontro con il ghoul, ha fame ma qualunque cosa mangi la vomita subito dopo. Il nostro protagonista ha quindi questo aspetto particolare, dato che è la prima persona ad essere diventata ghoul da umana che era, la sua moralità gli impedisce di procurarsi del cibo, come essere umano lui non può togliere la vita ad un altro suo simile, quindi desiste all’infinito, vorrebbe scomparire, maledirsi per quello che è diventato, ma la sua condizione attuale non ricade su sue scelte, anzi, ora dovrebbe avere la forza di cambiare e adeguarsi a quel mondo oppure essere l’ago della bilancia che pende continuamente da entrambe le due parti, quelle degli umani o dei ghoul.

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Ecco, tutta questa prima parte, con interminabili sequenze sulla scoperta del suo nuovo corpo che ripudia ogni tipo di cibo per dedicarsi solo alla carne umana, è estremamente prolissa e poco intrigante, eppure sotto questa scorza di 60 minuti, si riesce a identificare un personaggio ibrido, dalla moralità distorta, con interessi comuni, ma comunque difficile da comprendere. Tra il cibo a volontà, spiattellato quotidianamente alla pubblicità, con rischio di obesità, alla necessità di mangiare solo una cosa, che si rifiuta di mangiare e vomitare tutto il resto, il film restituisce un’interessante spunto o fotografia della questione, che abbraccia sia l’anoressia che l’obesità – per quanto nessuno dei personaggi abbraccia queste due situazioni – per ricondurci tutto al nostro protagonista, ibrido umano/ghoul, in un mondo che non capisce dove, elemento standard nelle opere orientali, i buoni non sono mai buoni e i cattivi non sono mai cattivi.

Per il resto Tokyo Ghoul per dovere di opera originale, conferma la sua visione dark e action della trama, con gli stessi ghoul che dovranno allenarsi per combattere contro un’organizzazione segreta di umani che si adopera per sterminare ogni ghoul sulla faccia della Terra.
Discretamente buono se contestualizzato. Meno se preso per quel che propone. Probabilmente i fan del manga ne andranno matti.

Gabriele Barducci
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