
A Quiet Place – Un posto tranquillo, non fare rumore
April 11, 2018Forte del successo ottenuto oltreoceano di pubblico e critica, arriva anche qui da noi il terzo film da regista di John Krasinski (The Hollars), attore poco conosciuto e versatile visto di recente in Detroit di Katherine Bigelow e 13 Hours di Michael Bay, nonché marito della protagonista Emily Blunt. Il film è co-sceneggiato a tre mani (tra cui lo stesso Krasinski) e basato su un soggetto di Bryan Woods e Scott Beck.
L’opera messa in scena da Krasinski ritrae una famiglia in un un futuro post invasione aliena ambientato circa nel 2020 (bisogna prestare molta attenzione ai dettagli della cantina dove Krasinski costruisce apparecchi sonori per la figlia), dove una piccola famiglia deve sopravvivere senza fare rumore a delle strane creature dall’udito super sviluppato che si muovono e cacciano alla minima vibrazione sonora. Il film parte con una didascalia recante il giorno 89, ad indicare che sono passati 89 giorni dall’attacco dei predatori alieni e ritroviamo la nostra famiglia camminare lungo un ponte, a piedi scalzi per evitare di fare rumore. Dopo un esplosiva partenza nell’epilogo che si chiuderà bruscamente, il film ci fa fare un salto e ci porta al giorno 472, dove ritroviamo la famiglia in dolce attesa. Durante il film alcuni rapporti tra i figli e i genitori vanno incrinandosi, attirando così per “errori” di disattenzione le creature, che prenderanno di mira la casa degli Abbott. Partiamo dal presupposto che la trama del film non è esattamente tra le più originali viste di recente nel panorama horror (il film ricorda tanto anche il videogame Sony The Last of Us), inoltre alcune situazioni che si vanno a creare sono un po’ buttate lì e lasciate al caso (come l’incontro nella foresta con l’anziano signore e consorte), elementi che servono a costruire in qualche modo la storia fino ad arrivare al finale in cui la signora Abbott (Emily Blunt) dovrà partorire senza fare il minimo rumore (cosa assolutamente impossibile). Ed ecco che a spiegare come si potrebbe fare, arriva l’escursione tra padre e figlio, dove Lee Abbott spiegherà al figlio che è possibile fare rumore solo se questo suono viene sovrastato da un rumore o un suono superiore (come la cascata).
L’opera di Krasinski è senza dubbio ben confezionata, molto intimista e personale, tant’è che condivide il set e il ruolo di padre-marito con la compagna nella vita reale Emily Blunt, sempre bravissima e splendida, probabilmente due ruoli molto sentiti da entrambi, tant’è che sembrano quasi voler esorcizzare le loro paure più intime e profonde con questo film. Menzione di lode va sicuramente anche alla bravura registica di Krasinski che riesce a rispettare le regole del genere e a creare alcuni momenti davvero ben riusciti (su tutti assolutamente l’epilogo), costruendo una tensione pura e genuina, risultando al tempo stesso anche povero d’immaginazione e utilizzando i classici cliché di genere. Componente fondamentale del film è ovviamente tutto il comparto sonoro, dalle soundtrack ai brani presenti durante il film, dove i nostri attori recitano con il linguaggio dei segni dei sordo muti per quasi tutto il film (con sottotitoli impressi sullo schermo). Un lavoro che sotto il profilo tecnico riesce a colpire in quasi tutti i suoi punti, venendo forse a mancare parecchio su quello dell’originalità e della novità. Anche l’aspect-design delle creature, che strizza fortemente l’occhio ai ragni di Cloverfield non è esattamente dei migliori e infatti Krasinski all’inizio sfrutta la carta con il classico gioco del vedo non vedo, per poi rivelare nell’esplosivo finale, l’aspetto delle creature in tutta la loro terrificante natura.
Insomma A Quiet Place è senza dubbio un ottimo esercizio di stile e di maestria inaspettata con la macchina da presa da parte di Krasinski, che forse è stato elogiato più per la tecnica e per il personaggio in sé che rappresenta in quel di Hollywood, che non quanto per il film in se stesso, che avrebbe sicuramente giovato di un maggiore approfondimento e di una sceneggiatura ben più solida (il film dura solo 90 minuti), ma senz’altro il genere ha trovato un altro prezioso talento da coltivare e tenere sott’occhio per i prossimi anni.
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