La tenera violenza crepuscolare di Dogman

La tenera violenza crepuscolare di Dogman

May 17, 2018 0 By Gabriele Barducci

dogman poster

Marcello ha in gestione una toeletta per cani. Ama il suo lavoro come ama i suoi clienti a quattro zampe. Tra lavoro e casa c’è la moglie da cui ha divorziato e sua figlia Alida, luce dei suoi occhi. Nel piccolo quartiere al margine dell’eccellenza urbana è ben visto e voluto da tutti, ma purtroppo è anche amico di Simoncino, ex puglie che terrorizza l’intero quartiere e con cui ha un ambiguo rapporto di sudditanza. Quando però Marcello cercherà di riaffermare la propria dignità, non tutto andrà come previsto.

Liberamente tratto dalla macabra vicenda del Canaro della Magliana l’opera di Garrone si pone all’antitesi dei risvolti di tortura e sevizia letti nelle pagine di cronaca nera: ne prende spunto, rende il racconto etereo più che mai, sospeso in una porzione di tempo attuale che può facilmente ricondursi ad un passato molto vicino – ma ci sono gli Euro, i MacBook e i cellulari – e cerca di narrare la più semplice delle parabole umane, quella di Davide contro Golia, una sfida infiocchettata con tutti i crismi del genere.
La parabola di Marcello è dunque una racconto umano dove tacitamente affiorano i più primitivi istinti dell’uomo, dall’amore per una figlia, alla necessaria virtù del rispetto, fino alla violenza, quella fisica, quella che si respira nel misurare la distanza che allontana il gigante Simoncino dal piccolo Marcello.

Niente scene splatter, evirazioni o mutilazioni, Garrone effettua un lavoro di precisa tensione nel rendere Simoncino un temutissimo cane sciolto, una persona instabile che umilia fisicamente e psicologicamente chi ha attorno senza pietà e questa situazione farà scaturire tacitamente qualcosa in Marcello.
In un determinato momento del film, il viso pasoliniano di Marcello cambia, qualcosa si è evidentemente rotto nella sua psiche e quello sguardo vuoto lo accompagnerà fino all’ultima potentissima scena del film. La vendetta assume il contorno di un riscatto sociale e umano che si assomiglia più ad un sogno, che basta un poco per diventare incubo.
La grande qualità di Dogman è proprio quella di aprire al meglio delle possibilità, senza dimostrarlo ampiamente, per guardare dentro la psiche e relativa evoluzione di un personaggio non dissimile da noi. Garrone cerca l’immedesimazione, un’azione decisa in quel terreno ostile tra il rispetto e l’amore per se stessi e verso gli altri, per poi mostrarci come, nel cerchio della vita – con una scena Garrone si autocita la sequenza finale de Il Racconto dei Racconti – nulla cambia e la scalinata verso l’inferno è più profonda del previsto.

Un plauso finale alle incredibile interpretazione dei due attori protagonisti, Edoardo Pesce nei panni di Simoncino e Marcello Fonte nel ruolo di Marcello, visi e sguardo del miglior cinema popolare, atto a restituire una presenza scenica ed emozioni impossibili da ignorare.

dogman

Gabriele Barducci
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