
Jurassic World – Il Regno Distrutto, più forma che contenuto
June 7, 2018In qualche modo, parlare di Jurassic World ci riporta inevitabilmente al 2015, al primo anno di vita del sito (o blog per l’epoca) e quindi un po’ di nostalgia la proviamo. Esattamente la stessa nostalgia che il primo capitolo del rilancio di Jurassic Park, con quel World finale, aveva portato milioni di spettatori al cinema a vedere un film palesemente leggero e simile a una cretinata commerciale, tanto da segnare la cifra record al boxoffice mondiale di 1,6 miliardi di dollari, uno dei maggiori incassi del 2015. Una cifra pazzesca che confermò la buona idea della Universal, bella quanto semplice: i dinosauri piacciono ancora.
Davanti una cifra del genere era inevitabile lanciarsi e confermare la trilogia assieme ad un massiccio merchandising tra magliette, gadget, videogiochi, libri e altro: i dinosauri sono tornati ad essere bramati dal pubblico nuovo, giovane e non.
Con alla regia il buon Juan Antonio Bayona, spagnolo spinto nello star system da Peter Jackson, questo sequel acquisisce proprio quella spinta registica che mancava al primo, quindi buon lavoro Jackson, hai visto lungo.
Come già dimostrato con l’ultimo 7 minuti dopo la mezzanotte, Bayona dilata i tempi e gestisce benissimo ogni fase dello storytelling, in particolare danza con dinamicità con la camera da presa, si diverte ed è consapevole che Jurassic Park – Il Regno Distrutto è un film che si basa, essenzialmente, su quelle tre scene d’azione assolutamente spettacolari e poco più. Quindi tutta la storia come i personaggi presentati sono e devono essere pedine dal poco spessore, come la stessa derivazione della trama che acquisisce importanza quando Bayona scende nell’horror, nella paura dell’oscurità o del vedo-non vedo.
Questo espediente è comunque necessario per elevare la qualità finale di un film che sul piatto, comunque, ha già dimostrato di non poter dire altro, motivo per cui si rivela un prodotto da assimilare necessariamente come puro intrattenimento, altrimenti è facile uscire dalla visione con diversi dubbi.
Piccolo, ma grande esempio: a metà film ci sarà un plot twist pazzesco, che scende nella fantascienza estrema, ma che essenzialmente è anacronistico e fuori luogo con la storia raccontata e con il relativo background giurassico. Perché questo? Per ampliarlo in un terzo capitolo? Non credo.
C’è invece più interesse a costruire qualche briciola morale che come citerà più volte il personaggio di Ian Malcolm, qui in un piccolo ruolo, riguarderà l’uso della potenza genetica da parte dell’uomo. Non più accuse di sostituirsi a Dio, ormai quello è stato già fatto. Adesso è il tempo della responsabilità. Quindi, è giusto lasciar morire ed estinguere una seconda volta i dinosauri? E ora che sono in vita, è giusto salvarli e elargirgli diritti al pari degli altri esseri viventi?
Piccoli cavilli su cui si costruisce la poca morale del film, che si dimostra comunque non la parte migliore e più affilata della lancia. Meglio l’intrattenimento e il relativo divertimento. Quello è puro, genuino, quasi fuori di testa, ma finalmente più coraggioso nel cercare di ottenere una propria identità, cosa che invece mancava al primo capitolo.
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