Effetti collaterali di Steven Soderbergh: se la depravazione è pillola

Effetti collaterali di Steven Soderbergh: se la depravazione è pillola

November 14, 2018 0 By Angelo Armandi

Tutto, nel cinema di Soderbergh, sembra ricondurre all’alibi della malattia, al dubbio circa le reali pulsioni su un certo agire. L’identità è una matrice inafferrabile, mutevole, continuamente ingannevole.  Effetti collaterali pesca dalla cinematografia precedente e la problematizza con l’aggiunta della dimensione medica, che esita nella eredità di The Knick e del più recente Unsane (che è a tutti gli effetti un oggetto speculare ad Effetti collaterali, il riepilogare le medesime dinamiche con un approccio maggiormente espressionistico, cinematografico, ovvero una precisa volontà di valicare i confini della trama e disegnare i circuiti iPhone-mediati della mente).

Emily Taylor (Rooney Mara), nota paziente depressa trattata senza successo con diversi farmaci, riceve dallo psichiatra Jonathan Banks (Jude Law) un farmaco antidepressivo da poco sul mercato, dall’annunciato successo terapeutico. Il sonnambulismo è un aneddotico effetto collaterale del farmaco. Emily Taylor subisce l’effetto del sonnambulismo e, in uno di questi episodi, ammazza il marito Martin (Channing Tatum).

Ad un primo livello, il film tenderebbe a polemizzare sul commercio sotterraneo delle case farmaceutiche. Scegliere come pillola della discordia un antidepressivo soddisfa un duplice scopo. Il primo, e più evidente, è che gli antidepressivi sono farmaci delicati, il cui effetto si associa inevitabilmente ad effetti collaterali, talvolta parecchio spiacevoli, e per la vita personale che per quella di coppia (il calo della libido è tra le manifestazioni più diffuse). Il secondo, più sottile ed intimo, dimostra come la mente sia il bersaglio privilegiato di Steven Soderbergh, quell’intreccio di elettricità biologica che rappresenta l’unico universo esistente da cui si dipana il torbido della vita. Il disturbo della sfera psichica è un ottimo pretesto per raccontare il dubbio, il terrore, l’impossibilità della fuga; tuttavia è anche il traghetto ideale per scompaginare le carte e dimostrare che la distorsione della mente non necessariamente è associata ad un disturbo, è anzi insita nelle cellule nervose; una declinazione della normalità: la normalità è l’incubo peggiore.

effetti collaterali recensione film

La medicina, in Soderbergh, è quasi mai salvifica. Dall’invereconda parabola di John Thackery in The Knick all’effetto dei sedativi in Unsane, l’assetto sanitario non migliora le esistenze, anzi le corrompe irrimediabilmente. Nonostante gran parte di Effetti collaterali si regga su collusioni e conflitti di interessi e imprudente commercio di farmaci e abuso di sicurezza/sottostima dei rischi, il nucleo dell’opera risiede altrove. Sia perché altrimenti la poetica di Soderbergh ne risulterebbe svilita, sia perché la trama stessa devia infine verso i lidi più turpi della coscienza umana.

Infatti, la macchina del fango che si muove contro Jonathan Banks, mente genialoide e a tratti sufficientemente ambigua, è la spinta necessaria a suscitare l’ossessione, la progressiva alienazione dal mondo, quell’embrionale dubbio sulla realtà che sconfina nel delirio con la distorsione delle cose. L’intero film segue un percorso circolare fatto di alternanze di logiche causa-effetto: la sfrontata e banalizzante manipolazione di un marketing farmaceutico disvela le manipolazioni più profonde compiute Emily Taylor per inseguire interessi più oscuri, i quali inevitabilmente ricadono nella sfera economica. Neanche dell’amore, ma della mera urgenza di soddisfare i capricci della magniloquente, lussuriosa tentazione capitalistica.

Allora tutto è capitalismo: la scelta di Banks di arruolare pazienti in uno studio clinico finanziato da una casa farmaceutica; le simulazioni di Emily Taylor; le pubblicità sui miracolosi effetti del nuovo antidepressivo; il movente che spinge tutte le pedine a tradirsi a vicenda, in un gioco di scacchi à la Ocean’s: ogni cosa è simulazione, è l’azione dell’apparire a scapito dell’essere. Gli effetti collaterali a cui si rifà il titolo, lungi dall’identificare eventi avversi evanescenti, sono l’implicita corruzione dello stare al mondo.

Tuttavia, forse è proprio il legame di Effetti collaterali alla sanità di certe depravate intenzioni, unitamente all’impianto meno cinematografico e ancora ossessionato dallo scioglimento dell’intreccio e dalla ricerca della sospensione della colpevolezza, a rendere l’intera opera più debole rispetto ad altre già citate, ad essa affini e più potenti da un punto di vista dell’immagine del piglio autoriale. A conti fatti, Effetti collaterali è una versione più commerciale, più addomesticata, più embrionale dell’esplosione sensoriale, viscerale, di cui si compone Unsane.

Angelo Armandi