
TFF36: I cappellini di Colette
December 3, 2018Della Colette di Wash Westmoreland si ricordano i deliziosi cappellini, gli orecchini squisiti e gli eleganti abiti di fine secolo. La figura di una donna che è un mito nazionale in Francia, la prima donna imprenditrice di se stessa, la prima donna così femminista da non autodefinirsi tale, rimane impigliata in un biopic che ha tutto meno che la brillantezza che la stessa Colette possedeva. È fedelissimo, non si concede licenze poetiche né narrative. È ricchissimo di dettagli che impreziosiscono dal primo dei cappellini all’ultimo sfondo della scenografia. Ma è come se Westmoreland avesse scritto un compitino. Traccia: la vita di Sidonie-Gabrielle Colette. Svolgimento: la relazione di Colette col primo marito, Henri Gautier-Villars.
Fortunatamente Westmoreland possiede quel pizzico di sapienza in più che rende il film appena digeribile. Si fanno apprezzare i cappellini, gli abiti sontuosi, le scenografie accurate, finanche l’accortezza nel rendere l’annoiato mondo parigino di fin du siècle, quando non ci si stupiva più di nulla e si prediligeva l’esotismo (sarebbe arrivata la Prima Guerra Mondiale a far rinsavire tutti).
Colette inizia in campagna: Keira Knightley è una affezionata ai film in costume e alle donne di carattere (Elizabeth Bennet, Anna Karenina). I capelli lunghi che sfoggia all’inizio del film sono gli stessi di Lizzie. L’acconciatura cambierà dopo che il marito Willy le suggerirà di tagliarsi i capelli per diventare come la sua prima creatura letteraria, Claudine: nelle prime scene in cui la Knightley compare col caschetto che diventerà poi marchio di fabbrica di Colette l’attrice sembra avere in testa un mocio. Solo successivamente addomestica i ciuffi e diventa presentabile: ciò coincide con l’arrivo di Missy, la nobildonna amante di Colette talmente d’alto rango da potersi permettere di girare in pantaloni. Conosciuta Missy, Colette si allontana sempre di più dal suo marito pigmalione.
È una scocciatura che gli eccellenti imprenditori siano così poco ricordati, al contrario degli artisti di successo. Willy – questo il soprannome affettuoso del marito di Colette – era uno scrittore-imprenditore con un’officia letteraria in casa (metteva il suo nome, brand di sicuro successo, sui libri scritti dagli altri). Era molto popolare ai suoi tempi, lo è molto meno oggi. Sua moglie Colette fu la sua fortuna più grande e insieme la sua rovina: perché nessuno degli scribacchini (in francese elegantemente chiamati nègres) che stipendiava per farsi scrivere i libri sarebbe stato come la Colette di Claudine, i libri pruriginosi sull’educanda provinciale. E però la moglie gli fece guadagnare fior fior di quattrini. Peraltro, fu probabilmente lui a creare la scrittrice Colette così come la conosciamo: a sprigionare in lei quel gusto dell’erotismo che le era connaturato e però forse inibito da una scrittura ancora “troppo femminile”.
Per capire quanto il film di Westmoreland sia di fattura non buona, dunque, basti pensare a come risulti subito simpatico e memorabile Willy, mentre appaia compiacente e ordinaria lei, con le sue paturnie da scrittrice che detesta scrivere. E ciò si ripercuote sugli attori: Keira Knightley, seppur più brava qua che in altri film, è sovrastata, per scrittura e personalità, da Dominic West, che interpreta Willy. Forse era meglio occuparsi della Colette che inizia a firmarsi col suo nome, della Colette autonoma che si stacca da suo marito e inizia a diventare il mito che poi è stata.
- Tolo Tolo, la prima caduta di Checco Zalone - January 14, 2020
- Il gioco al massacro di Cul-de-sac - December 16, 2019
- I due promontori della paura, da Robert Mitchum a De Niro - September 23, 2019