
TSFF30: Uno, due, tre! Le Berlino di Billy Wilder
January 21, 2019“No culture, just cash”
Festival in cui vai, classicone che vedi. Oltre al Cinema Ritrovato di Bologna, che sui film classici costruisce una delle parti più importanti del suo intero corpus, e oltre anche alla sezione Restauri della Mostra del Cinema di Venezia (tra i tanti, nel 2018 è stato anche il turno di Nothing Sacred di William A. Wellman), fortunatamente sono ormai molte altre le realtà che offrono al proprio pubblico la possibilità di godere sul grande schermo di pellicole, uscite il secolo scorso, storicamente rilevanti. Tra queste, anche il Trieste Film Festival, che quest’anno festeggia la sua 30ma edizione.
Al TSFF30 viene infatti proposto Uno, due, tre! (1961), uno dei titoli più apprezzati di Billy Wilder. Scelta non casuale e ovviamente in linea con il tema del trentennale dalla caduta del Muro di Berlino poiché il film è ambientato (nonché girato) nello stesso periodo in cui la divisione in due di una città (e di un’Europa) si fa reale, mattone dopo mattone, blocco di cemento dopo blocco di cemento.
All’interno dello stabilimento berlinese della Coca-Cola, C.R. McNamara (l’attore James Cagney) comanda tutti, ma a sua volta riceve ordini dall’alto. Uno di questi si rivela ostico: prendersi cura di Scarlett Hazeltine, la figlia del suo superiore. Incarico per nulla semplice dato lo stile di vita dissoluto della ragazza, capace di mettersi facilmente nei guai e irresponsabile delle proprie azioni. L’happy ending è tuttavia dietro l’angolo, di commedia hollywoodiana in fondo si tratta.
Probabilmente non il miglior film che Billy Wilder abbia realizzato, ma uno dei più storicamente rilevanti. La Germania ritratta, nonostante gran parte della narrazione si sviluppi all’interno di un ufficio, è una nazione non ancora pienamente uscita dalla meccanizzazione bellica, coi suoi ritmi a orologeria e la particellare divisione delle mansioni. Per di più, per davvero in quel momento il paese sta venendo tagliato in due e non per ridere. Lontano dal voler criticare gli USA, che l’hanno accolto dopo aver lasciato l’allora Impero Austro-Ungarico, il regista utilizza il marchio della Coca-Cola proprio come emblema della presenza a stelle e strisce nell’Europa post-WWII. Una sorta di avamposto liquido per marcare il territorio e irrigare di democrazia i sopravvissuti alla guerra.
McNamara stesso rappresenta l’americano ideale: un uomo di successo, la cui vita procede a pieno regime tra una chiamata telefonica e una battuta sui comunisti, con tanto di famigliola a casa e segretaria come amante (la moglie, che lo appella “Mein Führer”, sa tutto e le sta bene quella relazione extraconiugale perché sa che le debolezze del marito sono a favore di un bene più grande: il potere).
Tra fidanzamenti rotti a catena e matrimoni improvvisati, sigari cubani e missili a Cuba, torture a suon di giradischi e confessioni estorte con l’inganno, esili in Sud America e ingredienti segreti nella ricetta della bevanda gassata più famosa al mondo, Uno, due, tre! ancora oggi (forse più di ieri) sa conquistare nuovi fan.
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