78/52: ritornare con Hitchcock nella doccia di Psycho

78/52: ritornare con Hitchcock nella doccia di Psycho

February 20, 2019 0 By Simone Tarditi

Lodevoli le intenzioni di Alexandre O. Philippe, autore di 78/52, documentario non tanto sulla realizzazione di Psycho quanto piuttosto sulla sua scena più famosa: quella della doccia. I novanta minuti di 78/52 (il titolo si riferisce ai settantotto diversi posizionamenti di camera e cinquantadue tagli di montaggio) scorrono pertanto tra interventi più o meno illustri, sequenze ricreate ad hoc o direttamente prese in prestito dall’opera originale, teorie sulle scelte del regista Alfred Hitchcock e via discorrendo. Prodotto confezionato senza particolare pregio in un bianco e nero che si uniforma con quello della pellicola-oggetto di studio.

Come accennato, non ci troviamo di fronte all’analisi definitiva di un capolavoro senza tempo, ma la scolasticità degli argomenti trattati nonché la modalità con cui essi vengono esposti sono lontani dalla pedanteria che ci si potrebbe aspettare. Per fare un esempio, 78/52 non si avvicina minimamente al ben più coeso Truffaut/Hitchcock di Kent Jones. Tuttavia, tra i vari motivi per cui 78/52 merita una visione se ne possono citare alcuni:

  1. L’intervista a Marli Renfro, che fu controfigura di Janet Leigh nella scena in cui il personaggio di lei viene accoltellato e ucciso sotto il getto scrosciante della doccia nel Bates Motel. Della Renfro, oggi ottantenne, ci viene mostrato tutto ciò che nel film è stato per ovvi motivi non inquadrato: il suo volto. Il corpo è stato invece ripreso da quasi ogni angolazione in Psycho per altrettanti ovvi motivi. I ricordi della modella spaziano dalle copertine per Playboy a quando il regista inglese la fece spogliare e rivestire varie volte, con la Leigh presente in ufficio, per determinare se potesse essere la persona giusta. Fu assunta per due o tre giorni, ma rimase per un’intera settimana dal momento che il lavoro fu molto, come abilmente narrato in Hitchcock del 2013 (unico elemento interessante del film).
  2. Alcune altre interviste (non tutte), quelle a: Peter Bogdanovich, il quale fornisce il punto di vista dell’allora critico (“uscito dalla sala mi sentì stuprato”); Eli Roth, che nei suoi lavori ha spesso dimostrato di avere assimilato la lezione di Psycho filtrata attraverso i cineasti italiani come Mario Bava o Dario Argento; Guillermo del Toro, che da come ne parla sembra essere un assoluto devoto dell’intera filmografia di Hitchcock (compresi i lungometraggi meno importanti); Bill Krohn, autore di un libro fondamentale sul regista. Non male anche le opinioni di uno romanziere come Bret Easton Ellis (qualche remotissima eco hitchockiana la si può rintraccia nel The Canyons sceneggiato da lui e diretto da Paul Schrader) e soprattutto di un film-maker quale Mick Garris (suo l’ultimo capitolo della saga: Psycho IV, TV movie del 1990).
  3. Lo spiegone su come Hitchcock ottenne il suono del coltello che martoria il corpo della protagonista, combinando assieme e alternando le registrazioni di un melone Casaba fatto a pezzi e di una grossa fetta di carne bovina trafitta in più punti. Gioia per i cinefili.
  4. La rilettura di Psycho come opera che mina le fondamenta della società americana in un momento storico (con la Guerra Fredda in corso) che sta raggiungendo il suo acme di tensione. Il lungometraggio avrebbe così “aggredito” l’ingenuità degli statunitensi nel comfort delle loro case, nell’ambiente dove regna la privacy: il bagno. Quasi contemporaneamente alle riprese del film, si sono verificati alcuni episodi di cronaca come la strage della famiglia Clutter, di cui scrisse ampiamente Truman Capote. Qualche anno dopo l’intervento USA in Vietnam, i movimenti per i diritti civili degli afroamericani accompagnati dalla morte di Malcolm X e Martin Luther King, l’omicidio Kennedy, poi le rivolte studentesche del ’68 e l’altro Kennedy fatto fuori, il massacro ordinato da Charles Manson l’anno dopo. Insomma, poco prima che Psycho esca nelle sale si chiudono gli anni 50 con i loro alti e bassi, ma anche con una visione della famiglia americana come unico rimedio possibile alla barbarie della Seconda Guerra Mondiale. Il 1960 aprirà, al contrario, un momento in cui tutto viene messo in discussione.
marli renfro psycho

Marli Renfro, controfigura di Janet Leigh nella scena della doccia in “Psycho”

Simone Tarditi