Berlinale71: Appunti sparsi su The First 54 Years

Berlinale71: Appunti sparsi su The First 54 Years

March 5, 2021 0 By Simone Tarditi

An Abbreviated Manual for Military Occupation, recita il sottotitolo di questo documentario. Sei parole che racchiudono il senso di un’operazione come quella di The First 54 Years (sezione Forum della settantunesima Berlinale) e che svelano allo spettatore la natura più intima, l’anima, di un reportage orale che si compone a tal punto di parole, di eventi raccontati, di suggestioni da non aver quasi bisogno di un tessuto d’immagini per sussistere come opera filmica.

Sì, perché The First 54 Years è un collage di interviste a persone che hanno compiuto o subito atrocità lungo la striscia di Gaza, durante quello scontro senza fine e senza apparenti soluzioni tra israeliani e palestinesi. Qualcosa di cui l’Occidente è molto più che responsabile. Ha quindi la parvenza di un documentario di sopravvivenza in tempi di covid, un prodotto che automaticamente diventa accettabile dal punto di vista della fil(m)ologia in un momento storico come l’attuale dove si è andato ad annullare il baratro qualitativo che marca lo spazio tra filmati in altissima qualità e pixelose riprese video. La pandemia ci ha insegnato che l’occhio è molto meno sensibile dell’udito e che si adatta con più rapidità a un flusso disomogeneo d’immagini rispetto a quanto la nostra percezione sia disposta a fare quando le informazioni colpiscono i canali auricolari.

Per farla breve, ciò che il regista Avi Mograbi fa con The First 54 Years è di costruire un mosaico di testimonianze, a prescindere che esse siano distanti nel tempo o nella piacevolezza visiva. Soldati, cecchini, torturatori, civili, individui che hanno rischiato di morire e altri che hanno ucciso. Ripetutamente. C’è chi vuole proteggere la propria identità mascherandosi dietro l’anonimato, c’è chi invece vuole metterci la faccia nel riportare fatti sanguinosi. Mograbi non compie un atto di denuncia, bensì di aneddotica propagazione autenticizzata. Per chi vuole ascoltare questo genere di storie …

Simone Tarditi