
FKFF19 – I Am from Chosun di Kim Cheol-min: documentare il dramma degli Zainichi
May 31, 2021Presentato nella sezione K-Doc della 19esima edizione del Florence Korea Film Festival, in collaborazione con il festival coreano di cinema documentario (DMZ), I am from Chosun di Kim Cheol-min dà voce agli Zainichi, ovvero ai coreani residenti in Giappone. L’idea del progetto è nata nel 2002, quando il regista ha partecipato alla giornata dell’identità coreana, in cui gli Zainichi si sono esibiti in canti e danze tradizionali al fine di preservare e trasmettere le proprie radici culturali alle nuove generazioni. Kim Cheol-min raggiunge alcune delle famiglie Zainichi (dalla prima alla quarta generazione) che abitano ancora nelle prime città di arrivo, in cui sorsero le cosiddette Koreatown (Kobe, Osaka, Kyoto, Tokyo). Il regista entra nello spazio domestico come in quello pubblico delle scuole coreane, fondate nel corso del XX secolo tramite donazioni private, per far fronte ai pochi sussidi concessi dallo Stato giapponese. Ricordiamo che il processo di assimilazione, messo in atto dalla società ospitante del Sol Levante si è dimostrato finalizzato all’annullamento dell’identità etnica coreana. Le difficoltà dovute a una mancata integrazione nel tessuto giapponese, le ripetute discriminazioni, misconoscimenti e disparità lavorative sono alla base del dramma sociale vissuto dagli Zainichi. La necessità di non dimenticare le proprie origini è espressa all’interno dei vari capitoli che compongono il documentario.
Gli Zainichi. Nella prima parte ci vengono presentati i protagonisti. Il significato del termine essere in Giappone, dato dal paese ospitante, pensato inizialmente come etichetta temporanea, si è trasformato in un elemento fisso, con cui riconoscere i coreani. Alcuni filmati di repertorio, riguardo alle proteste dei nazionalisti giapponesi, ci mostrano gli atti discriminatori effettuati ai danni degli Zainichi: dalla violenza fisica del passato, fatta di torture e incarcerazioni, si è passati a una violenza psicologica: ai bambini dell’asilo viene insegnato come apostrofarli (con il termine “scarafaggi”). Ci sono i racconti dell’anziano Zainichi, ex-membro del movimento indipendentista, sul periodo di prigionia e quello della donna rimasta in Giappone, ancora in attesa di poter estinguere i debiti per raggiungere la famiglia in madrepatria. L’inizio della diaspora coreana in Giappone inizia con il dominio del paese del Sol Levante sulla penisola. La Corea, dopo essersi ritrovata sotto il protettorato giapponese nel 1905, cambia nome in Chōsen nel 1910, con l’annessione coloniale al Giappone. Seguono una serie di espropri delle terre coreane e deportazioni fino alla II G.M: in questo periodo sono i coreani a coprire i posti nella manodopera pesante, in fabbriche e miniere. Apolidi e costretti in condizioni di vita proibitive, trovano un riconoscimento della nazionalità coreana da parte del governo giapponese nel 1945, che li dichiara choson. Sebbene il dominio nipponico sulla Corea termini con la resa del 15 agosto 1945, i coreani residenti si trovano a vivere un ulteriore paradosso: con la divisione al 38° parallelo, che spezza in due il paese d’origine, si vedono riconoscere il diritto di cittadinanza solamente nella Corea del Sud.
Alla ricerca di me stesso. Il documentario mette in risalto l’importante ruolo svolto dall’istruzione coreana in Giappone. Nonostante le difficoltà finanziarie, come ci informa la preside (che dovrebbe essere in pensione), sono proprio queste istituzioni a contribuire alla creazione e al mantenimento di un senso identitario, all’interno della comunità Zainichi. Alcuni, soprattutto di seconda e terza generazione, imparano la lingua coreana in età adulta, realizzando così il desiderio di riscoprire un’origine etnica. Imparare il linguaggio come una rinascita, un tentativo per rispondere alla domanda Chi sono io? e per riempire quella lacuna lasciata da un’educazione familiare, che vedeva nel disconoscimento delle proprie radici un modo per proteggere i figli dalla discriminazione. Al contrario, c’è chi tra gli Zainichi (soprattutto nelle ultime generazioni) senta la necessità di esibire la propria identità, di non nasconderla più. L’Unione dei residenti coreani in Giappone è stata fondata proprio con l’intento di mantenere vivo il senso di appartenenza tra i membri che ne fanno parte, soprattutto attraverso le giornate dedicate alle performance e ai giochi nello spazio messo a disposizione dalla scuola. La conversazione del regista, con i componenti di una famiglia Zainichi, durante la condivisione del pasto domestico, intreccia i vari pdv e opinioni. Tra di loro, un insegnante di coreano spiega come sia forte, tra i propri allievi, il bisogno di imparare la lingua d’origine e di conoscere la storia della loro terra natìa. Tra due terre natali. Il dramma sociale degli Zainichi, dell’essere sospesi tra due paesi che riconoscono solamente in parte la loro identità etnica, li pone di fatto in una condizione marginale. Nonostante i limiti, sono in molti a vedere nella situazione la possibilità di scegliere a quale paese appartenere. Alcuni Zainichi, tornati in Corea, continuano a essere oggetto di atti discriminatori, che a quanto pare non sono messi in scena solamente in Giappone ma anche in una terra d’origine che sembra non riconoscerli più, dopo tanti anni di lontananza.
Vivere come una persona di Chosun. Il ritorno alle origini diventa un dialogo intergenerazionale: una nonna Zainichi, appartenente alla prima generazione, nonostante gli acciacchi dell’età, intona un canto tradizionale, accompagnata dal nipote che batte il tempo sul tamburo. La solidarietà della comunità Zainichi si estende oltre le quattro mura domestiche, esprimendosi nei legami che si intrecciano tra le famiglie e l’istituzione scolastica. Una mamma racconta di come fosse preoccupata che il disturbo della crescita di suo figlio potesse costituire una difficoltà per gli insegnanti e di come la preside l’abbia rassicurata, prendendosi cura del bambino. Le volontà delle nuove generazioni, all’interno della società giapponese, sembra orientarsi verso una reale uguaglianza di diritti e doveri di tutti i cittadini. Il documentario si chiude sulle riprese effettuate durante una manifestazione di studenti giapponesi, in merito alla richiesta avanzata al governo per l’abolizione delle tasse per le scuole coreane.
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